Qualche giorno fa ho visto un
film documentario che mi ha fatto molto riflettere, “La Teoria Svedese dell’Amore”,
un reportage sulla disgregazione relazionale avvenuta nel paese scandinavo a
seguito del delinearsi di uno stato sociale molto spinto, che, rendendo ogni
individuo economicamente autonomo e garantendogli assistenza a tutto tondo, ha
finito per scardinare ogni forma di solidarietà.
Le intenzioni del governo
svedese, al varo di questa riforma, erano quelle di porre fini ai legami
creatisi solo per questioni di dipendenza economica (ad esempio matrimoni
falliti che si trascinavano solo perché uno dei coniugi non era autosufficiente)
e promuovere il singolo e i legami che esso avesse inteso intrecciare per
libera scelta e non spinto dal bisogno.
A quanto pare, però, l’effetto è
stato diverso da quello immaginato: allorché rassicurata sul piano
assistenziale, buona parte degli svedesi ha propeso per la solitudine. Il film
disegna un panorama desolante di madri single che hanno soddisfatto il proprio
istinto riproduttivo ordinando su internet il seme di un donatore, recapitato a
casa come un abito, anziani trovati morti in casa dopo mesi, senza alcuna
possibilità di rintracciarne gli eredi, con i quali non avevano contatti da
anni, assenza totale di relazioni amicali. La tesi, a mio giudizio un po’
parziale, di Gandini, è che, la copertura dall’alto delle esigenze primarie,
eliminando la necessità di supportarsi reciprocamente sotto l’aspetto materiale,
abbia, tipo effetto domino, annullato anche quella di socializzare.
Inizialmente sono rimasta
perplessa, perché il corollario di questa teoria è il suo esatto contrario: ci
si rapporta al prossimo solo per interesse e, una volta in grado di provvedere
a noi stessi, diventa automatico isolarsi, come se le relazioni avessero senso
solo laddove possono apportarci un beneficio concreto. Mi mancava, insomma, un
tassello per dare un senso a questa degenerazione, che sembrava quasi indicare
(nemmeno troppo nascostamente) l’indigenza e la precarietà come preferibili, in
quanto fonte di occasioni di incontro.
Da italiana, piegata da anni
dalla spada di Damocle dei tagli al welfare, ero indignata: il regista stava facendo
un’apologia della riduzione della spesa pubblica e della disoccupazione per
permetterci di continuare a vivere gomito a gomito, legati dalla fame, dal
senso del dovere e dallo spirito di sacrificio? Non c’è altro a fare da
collante? E, nel caso, cos’è meglio?
Quello che mancava a chiudere il cerchio e a rendere sensata
questa tesi, altrimenti grottesca, è spiegato nell’intervento finale del
compianto Zygmunt Bauman, che illustra come, effettivamente, il bisogno sia il
motore primario dell’interdipendenza e come questo sottenda, quindi, alla
creazione di comunità e alle relative negoziazioni. Solo
successivamente i rapporti acquisiscono una valenza anche emotiva, andando a
soddisfare pulsioni meno terrene. Liberi dallo spettro della povertà e della
non autosufficienza, gli svedesi hanno smesso di appoggiarsi gli uni agli altri
per le ragioni di mera sopravvivenza, ma, in seguito, siccome relazionarsi è
faticoso, appunto perché richiede compromesso, disponibilità al confronto,
riconoscimento dell’alterità, ed è un abilità non innata, ma che occorre acquisire
e tener viva nel tempo, hanno perso la capacità di farlo ad altri livelli,
lasciando inappagate le aspirazioni affettive ed intellettuali.
Insomma, un bello spunto di autoanalisi, che consiglio a
chiunque voglia indagare con lucidità dentro di sé e sul mondo
circostante.
Ingredienti:
- 250 gr di orzo perlato (Melandri Gaudenzio)
- 100 gr di rucola
- 200 gr di stracciatella
- olio extravergine d’oliva
- sale
- un vasetto di pomodori secchi ((Azienda Agraria Duca Carlo Guarini)
Procedimento:
Sciacqua l’orzo o, se indicato sulla confezione, lascialo in
ammollo, per eliminare l’eccesso di amido.
Lessalo secondo le istruzioni, scolalo al dente e passalo
nuovamente sotto l’acqua per fermare la cottura.
Trita la rucola e mescolala con la stracciatella, aggiungi l’olio
necessario ad ottenere una consistenza fluida e aggiusta di sale. Condisci l’orzo
con questa crema e aggiungi i pomodori secchi ridotti a listerelle.
7 commenti:
Molto interessante, mi procureró il film. Grazie per il consiglio!
Non avevo mai affrontato questo problema, devo dire che non sapevo che in Svezia ci fosse stata questa disgregazione relazionale. Se mi avessero chiesto di fare una predizione avrei detto il contrario, che la garanzia di una vita agiata doveva stimolare anche attività extralavorative quindi aumentare la socializzazione. Certo fa tristezza pensare che in verità i rapporti partano prima per ragioni contingenti di difficoltà invece che come anelito interiore.
Che bontà questo orzo Serena, e bellissima la presentazione!!!!
Non immaginavo che il loro benessere li avrebbe mai indotti a eliminare ogni tipo di relazione interpersonale, io di certo non potrei mai e poi mai vivere così!
L'orzo preparato così è un ottima variante estiva ;)
Sera, caspiterina non immaginavo l importanza di questo oro. Grazie per l informazione! A presto,buona serata!
Bello questo abruna mento colorato e saporito e poi adoro la stracciatella!
caspita che bel post! Bauman era molto saggio, l'ho studiato e ammirato tanto all'università e devo dire che anche io ho avuto la tua stessa reazione istintivamente. ma c'è sempre da riflettere,bisogna sempre essere capaci di andare al di là di ciò che può sembrare e cercare ciò che potrebbe essere altrimenti. Cambiare punti di vista insomma e non essere egocentrici, nel senso primario del termine, ovvero incapacità di mettersi nei panni dell'altro.
Grazie davvero per qst spunto di riflessione!
E grazie anche per la ricetta, succulenta!
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