La mia amica Lo ci ha chiesto collaborazione per uno strano meme, strano almeno per il mondo dei foodblogs, in cui, almeno in genere, si tende a raccontare molto poco di noi e ad esprimersi solo attraverso ciò che cuciniamo.
Lo ci chiede di spiegare cosa significa per noi avere un blog e parlare di noi attraverso di esso.
Dato che il nostro contributo le sarà utile per la stesura della tesi, inviterei chiunque passasse di qua a partecipare.
Dire cosa significa per me questo blog è facile e allo stesso tempo difficile: per capirlo, temo si debba partire dal mio amore atavico per la cucina, per l'arte, per la scrittura, per la natura e per il cibo.
Ho un quadernino di Candy Candy, trovato in omaggio nel fumetto settimanale omonimo, quando avevo circa sei anni e muovevo i primi passi stentati tra le lettere dell'alfabeto, in cui ritrovo una frase dalla calligrafia incerta e pendula "Preparare il rotolo di cioccolata". Logicamente, ho dei seri dubbi intorno al fatto che mi lasciassero effettivamente montare le uova e armeggiare con il forno, ma queste parole mi danno la certezza che già, quando in casa si cucinava, io ero presente e bevevo a garganella ogni gesto di mia madre (con la stessa avidità con cui leccavo la ciotola dello sbattitore).
Avrei voluto essere un'artista: non importa se della tavolozza o del calamaio, io volevo creare, dare vita a qualcosa che desse gioia a chi entrava in contatto con essa, qualcosa che mi rendesse immortale e mi facesse ricordare anche quando non ci sarò più. Me ne sono mancate il coraggio, le doti, i mezzi. Alle medie mi sono dovuta arrendere al fatto che ero stonata, che l'astigmatismo mi impediva di tracciare una riga diritta, all'università ho conosciuto altre mille persone che volevano diventare inviate di guerra, scrivere un romanzo, un racconto, un saggio.
Mi sono rassegnata a una professione per la quale la creatività di un gasteropodo è sufficiente e, per conformarmi agli usi e costumi delle mie frequentazioni, a passatempi per i quali l'ottusità e la mancanza di sogni costituivano titolo preferenziale.
Vedo il cibo come un atto d'amore, perché era così che me lo presentava mia mamma, che, da casalinga d'altri tempi, non considerava l'approntamento della cena un'incombenza da sbrigare con il minimo sforzo, ma come un dono per coloro che ama, cani e gatti compresi. Perché era così che lo viveva la mia prozia, che, ogni volta che scendevamo a Soverato, per le vacanze, per un mese, preparava ogni giorno un piatto diverso della tradizione calabrese, per intenerire il cuore del mio nonno materno, irruvidito dall'emigrazione. Perché era un atto d'amore per l'altro nonno, il padre di mio padre, che, dopo una carriera da chef e, più tardi, da pasticcere, continuava con la stessa cura per la coreografia a mettere in tavola fagiani con tutte le penne attaccate (che bastava spostarne una per veder crollare il rivestimento sul vassoio e rivelare un ripieno fumante di salsiccia e castagne) e torte a tre piani grondanti di panna e glassate di rosa, nel tentativo di sollecitare la moglie inappetente cronica.
E, come dice Nora Ephron, cucinare è diventato un modo per dire "ti amo", poi il modo più semplice di dire "ti amo", infine l'unico modo di dire "ti amo". E non c'è niente di sbagliato, in questo, laddove, in questo modo, riesco a dirgli "ti amo" tutte le sere.
Una volta spiegato il mio rapporto col cibo, la cucina, l'arte, l'amore (... le cortesie e l'audaci imprese...) , forse risulta anche più immediato comprendere la natura del mio blog.
Ho cucinato per canalizzare in forma costruttiva il mio amore per il cibo e ho creato il blog per canalizzare in forma artistica il mio amore per la cucina: prima esercitandomi con le presentazioni dei piatti, poi con la macchina fotografica, talvolta, quando riesco, anche lanciandomi in pericolosi voli pindarici di natura grafomane.
Ogni volta che penso a una ricetta speciale penso a come impiattarla e quando penso a come impiattarla penso a come fotografarla e quando l'ho fotografata penso a come disporre le foto nel post e a cosa scrivere tra una foto e l'altra.
E questo mi aiuta a sentirmi un po' cuoca, un po' artista, un po' fotografa, un po' affabulatrice, un po' figlia, un po' nipote, un po' compagna, un po' tutto quello che non sono riuscita ad essere per bene nella vita reale e ad andare a letto pensando "beh, dai, alla fine qualcosa di bello oggi l'ho fatto anch'io".
Lo ci chiede di spiegare cosa significa per noi avere un blog e parlare di noi attraverso di esso.
Dato che il nostro contributo le sarà utile per la stesura della tesi, inviterei chiunque passasse di qua a partecipare.
Dire cosa significa per me questo blog è facile e allo stesso tempo difficile: per capirlo, temo si debba partire dal mio amore atavico per la cucina, per l'arte, per la scrittura, per la natura e per il cibo.
Ho un quadernino di Candy Candy, trovato in omaggio nel fumetto settimanale omonimo, quando avevo circa sei anni e muovevo i primi passi stentati tra le lettere dell'alfabeto, in cui ritrovo una frase dalla calligrafia incerta e pendula "Preparare il rotolo di cioccolata". Logicamente, ho dei seri dubbi intorno al fatto che mi lasciassero effettivamente montare le uova e armeggiare con il forno, ma queste parole mi danno la certezza che già, quando in casa si cucinava, io ero presente e bevevo a garganella ogni gesto di mia madre (con la stessa avidità con cui leccavo la ciotola dello sbattitore).
Avrei voluto essere un'artista: non importa se della tavolozza o del calamaio, io volevo creare, dare vita a qualcosa che desse gioia a chi entrava in contatto con essa, qualcosa che mi rendesse immortale e mi facesse ricordare anche quando non ci sarò più. Me ne sono mancate il coraggio, le doti, i mezzi. Alle medie mi sono dovuta arrendere al fatto che ero stonata, che l'astigmatismo mi impediva di tracciare una riga diritta, all'università ho conosciuto altre mille persone che volevano diventare inviate di guerra, scrivere un romanzo, un racconto, un saggio.
Mi sono rassegnata a una professione per la quale la creatività di un gasteropodo è sufficiente e, per conformarmi agli usi e costumi delle mie frequentazioni, a passatempi per i quali l'ottusità e la mancanza di sogni costituivano titolo preferenziale.
Vedo il cibo come un atto d'amore, perché era così che me lo presentava mia mamma, che, da casalinga d'altri tempi, non considerava l'approntamento della cena un'incombenza da sbrigare con il minimo sforzo, ma come un dono per coloro che ama, cani e gatti compresi. Perché era così che lo viveva la mia prozia, che, ogni volta che scendevamo a Soverato, per le vacanze, per un mese, preparava ogni giorno un piatto diverso della tradizione calabrese, per intenerire il cuore del mio nonno materno, irruvidito dall'emigrazione. Perché era un atto d'amore per l'altro nonno, il padre di mio padre, che, dopo una carriera da chef e, più tardi, da pasticcere, continuava con la stessa cura per la coreografia a mettere in tavola fagiani con tutte le penne attaccate (che bastava spostarne una per veder crollare il rivestimento sul vassoio e rivelare un ripieno fumante di salsiccia e castagne) e torte a tre piani grondanti di panna e glassate di rosa, nel tentativo di sollecitare la moglie inappetente cronica.
E, come dice Nora Ephron, cucinare è diventato un modo per dire "ti amo", poi il modo più semplice di dire "ti amo", infine l'unico modo di dire "ti amo". E non c'è niente di sbagliato, in questo, laddove, in questo modo, riesco a dirgli "ti amo" tutte le sere.
Una volta spiegato il mio rapporto col cibo, la cucina, l'arte, l'amore (... le cortesie e l'audaci imprese...) , forse risulta anche più immediato comprendere la natura del mio blog.
Ho cucinato per canalizzare in forma costruttiva il mio amore per il cibo e ho creato il blog per canalizzare in forma artistica il mio amore per la cucina: prima esercitandomi con le presentazioni dei piatti, poi con la macchina fotografica, talvolta, quando riesco, anche lanciandomi in pericolosi voli pindarici di natura grafomane.
Ogni volta che penso a una ricetta speciale penso a come impiattarla e quando penso a come impiattarla penso a come fotografarla e quando l'ho fotografata penso a come disporre le foto nel post e a cosa scrivere tra una foto e l'altra.
E questo mi aiuta a sentirmi un po' cuoca, un po' artista, un po' fotografa, un po' affabulatrice, un po' figlia, un po' nipote, un po' compagna, un po' tutto quello che non sono riuscita ad essere per bene nella vita reale e ad andare a letto pensando "beh, dai, alla fine qualcosa di bello oggi l'ho fatto anch'io".
6 commenti:
grazie...con tutto il mio cuore..mi sento così felice a trovare queste preziose tracce! grazie anche per i premi...un abbraccio stritoloso
sei proprio brava Onde!!! nella cucina si vede che ci metti tanta passione....è per questo che ho un premio per te! :-)
troppo carino il tuo cricetino!!! ma è stupendo.... vorrei strapazzarlo di bacini!!! :-)
E Grazie te lo dico anche io ancora, perché condividi con tutti noi queste tue passioni tutte insieme che si concentrano con creatività che poi é, secondo quello che ho letto da altri, la molla che ci fà preparare delle pietanze con amore. mi piace molto il senso che hai dato alla parola "ti amo" vale esattamente anche per me.
Ti auguro un buon fine settimana.
Lo so..l' hai già ricevuto..ma io ci tengo lo stesso a darti questo premio..e lo faccio con tutto il cuore!
Baci
Laura
sei davvero una persona eccezionale:-)baci imma
Ragazze, quanti complimenti!!! Mi commuovete!!! Vi abbraccio tutte forte forte!
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