19 nov 2013

Wine in Progress

Wine in Progress

La Stazione Leopolda, location ricca di memorie, a lungo dimenticata e rivalorizzata, mi duole dirlo, dalle ultime amministrazioni, ha accolto, lo scorso fine settimana, “Wine in Progress”: una manifestazione mozzafiato, in concomitanza con il 47° Convegno Nazionale AIS, tradizionalmente dedicata alle etichette toscane, ma che quest’anno ha aperto le porte alle aziende di tutta Italia.
Un’occasione unica per la mia città di avvicinarsi al vino e a tutto ciò che gli ruota attorno, con degustazioni libere o guidate, dibattiti a tema e centinaia di produttori disponibili a raccontarti delle loro bottiglie, come di figli.
Bellissimo l’allestimento, volto a creare un’atmosfera rétro, con una disposizione degli stand favorevole a produrre un gioco di luci e ombre molto suggestivo: quattro file ininterrotte di tavoli su cui luccicano schiere di bottiglie, cubetti di ghiaccio, glacettes.  

Wine in Progress

Snobbo il Chianti Classico e mi concentro su aree meno gettonate, alla ricerca di qualcosa che mi stupisca, tra i bordolesi austeri di Bolgheri, i ferrosi ematici dell’Isola d’Elba, l’opulenza speziata del sud, la mineralità calcarea del Carso, la viticultura eroica di certe zone dove ogni grappolo gronda fatica.
I bicchieri roteano, sembra quasi tintinnino simultaneamente, ed è tutto uno scintillio, un riflesso porpora e d’oro, sarà il vino, sarà il caldo, ma mi sento leggermente stordita.
Stanca di errare alla ricerca dell’insolito, mi rifugio, come sempre, nel conforto conosciuto delle etichette Ritterhof, per me una garanzia di trovare dietro ognuna esattamente il vino che dev’essere, come dev’essere.

Wine in Progress

Mi colpiscono un Pinot Grigio parzialmente barricato eppure svelto, che profuma di mare, un Perlhofer, in cui due autoctoni, la Schiava e il Lagrein, se la giocano con il Merlot, dando vita a un prodotto vellutato, di un bel color rubino, che richiama la frutta matura del suo bouquet; le stesse caratteristiche, alla massima potenza, le ritrovo nel Lagrein, che, come non manco mai di dire quando mi accosto a questo vino, sa di autunno e di zuppa di funghi.

E’con questa sensazione boschiva che, vinta dalla stanchezza e desiderosa di chiudere in letizia, senza guastarmi la bocca (in senso proprio e figurato), lascio a malincuore la Stazione, con un ultimo sguardo ai ceri che fiammeggiano nel fumoir, dove il mix di profumi di grappa, cioccolato, caffè e sigarette mi trattengono ancora un po’, prima di lasciarmi tornare nel mondo reale.

5 commenti:

Unknown ha detto...

conosco questo vino ed è buonissimo!
bacione

Anonimo ha detto...

WOW ;-)

Claudette ha detto...

Con questi vini sfondi una porta aperta....
Claudette

nelcestinodienela ha detto...

Sento di sapere di cosa parli Serena almeno solo emozionalmente...quando mi e' capitato di accompagnare il mio compagno alle fiere(+ in passato quando non avevamo le bimbe) mi sono innamorata di alcuni vini e oli per aver sentito i produttori parlare delle loro storie d'amore per i vitigni, la terra, le vinificazioni o la preparazione degli oli...mi manca saperne di piu' ma pia piano spero di diventare un minimo pou' competente...per ora non faccio a meno di un sorso di vino dal calice quando posso...bel tour virtuale con te...grazie!!

nelcestinodienela ha detto...

Sento di sapere di cosa parli Serena almeno solo emozionalmente...quando mi e' capitato di accompagnare il mio compagno alle fiere(+ in passato quando non avevamo le bimbe) mi sono innamorata di alcuni vini e oli per aver sentito i produttori parlare delle loro storie d'amore per i vitigni, la terra, le vinificazioni o la preparazione degli oli...mi manca saperne di piu' ma pia piano spero di diventare un minimo pou' competente...per ora non faccio a meno di un sorso di vino dal calice quando posso...bel tour virtuale con te...grazie!!