Un
sabato di solitudine può prendere tante direzioni… faccende arretrate, décapage,
la ricerca della luce giusta per rendere onore agli ingredienti che hai scelto
con cura per realizzare un’idea un po’ peregrina che ti era balenata qualche
giorno prima e a cui inizialmente avevi rinunciato a causa dei lunghi tempi di
cottura, ma che, in fin dei conti, troppo lavoro non lo richiede.
O
forse sì, ma tanto non c’è nessuno a cui rispondere degli orari, del pranzo a
base di latte e biscotti, della cucina a soqquadro, del fatto che alle 15.00
sei ancora in pigiama e non ti è passato nemmeno per l’anticamera del cervello
di mettere il naso fuori di casa, malgrado il sole splendente.
Lascio
morire il giorno accoccolata sul divano, mentre mi trastullo con le ultime
pagine di un libro, indecisa se voltarle o no, per il dispiacere di dover
salutare i tanti bizzarri personaggi che ho conosciuto tra le righe.
“A
Capotavola”, di Laura Grandi e Stefano Tettamanti, edito da Mondadori, è un
compendio di brevi biografie dei nomi che, in un modo o nell’altro,
direttamente o meno, hanno fatto la storia della cucina come la conosciamo: dai
grandi chef, come Carême, a giornalisti del taglio di Gianni Brera svelati
nella loro veste epicurea, passando per un Bismarck bipolare nelle strategie
militari come a tavola, per arrivare a un Artusi pedante.
“A Capotavola” consacra e dissacra figure
chiave della tradizione gastronomica, abbandonando i toni da deliquio che
spesso noi foodies utilizziamo per parlare del Gotha gastronomico, e
demistificandone gli dei, di cui scopre vizi e virtù, portando alla luce anche
clamorosi falsi storici.
Si
tratta di un saggio godibilissimo, che ha il pregio di non appesantire con un
sovraccarico di nozioni accademiche, ma di offrire uno schizzo di ciascuno dei
protagonisti, accendendo la curiosità del lettore su quella sorta di non detto
che sembra balenare tra un’affermazione e l’altra, e il suo impulso, magari, a
scoprirne qualcosa di più.
Quando
finalmente mi decido a leggere l’ultimo cameo, il profumo languido della zucca sta
ondeggiando dal forno al salotto.
Ingredienti:
- 500 gr di soya gialla (Melandri Gaudenzio)
- una foglia di alloro
- sale
- 750 gr di zucca
- un filo di olio extravergine di oliva (Condisano Dante)
- un peperoncino
- 100 gr di pecorino toscano DOP stagionato (Caseificio Spadi Enzo)
- 250 gr di lasagne all’uovo (Antica Madia)
- 200 gr di spezzatino biologico di soya (Biolab)
Procedimento:
Il
giorno precedente alla preparazione, metti la soya in ammollo nell’acqua.
All’indomani,
scolala e lessala per 45’ in pentola a pressione (o un’ora e mezza in pentola
tradizionale), con abbondante acqua leggermente salata.
Durante
questo tempo, monda la zucca, privala dei semi e dei filamenti e cubettala.
Scalda
l’olio e soffriggi il peperoncino finemente affettato, quindi unisci la zucca e
falla stufare finché non sarà morbida.
Una
volta che anche la soya sarà cotta, scolala con una ramina, conservando l’acqua
di cottura, uniscila alla zucca e saltala sul fuoco per qualche minuto, per
farla insaporire.
Con
l’aiuto di un frullatore a immersione, riduci gli ortaggi in purea, aggiungendo
un po’ dell’acqua di cottura della soya, per ottenere un composto fluido (ma
non troppo), aggiusta di sale e metti da parte.
Grattugia
il pecorino.
Cuoci
le lasagne secondo le istruzioni sulla confezione, scolale e comincia a
comporre la terrina: in una pirofila leggermente unta, disponi uno strato di
lasagne, condiscile con una parte della crema gialla, distribuisci sopra una
cucchiaiata abbondante di spezzatino e una spolverata di pecorino, così fino ad
esaurimento degli ingredienti.
Preriscalda
il forno a 180° e cuoci per circa 30 minuti.
Come
sempre, quando si parla di legumi, bollicine e tannini sono ben accetti,
inoltre la presenza della zucca, quest’ortaggio greve, cui tanto deve la
cultura gastronomica della Bassa, non può che farmi pensare a certi rossi frizzanti
e risoluti tipici di quest’area geografica.
Il
Pra di Bosso
della Casali Viticultori è un
eccellente Lambrusco secco dall’intrigante colore purpureo e dal profumo
vinoso, le cui note fiorite si armonizzano con quelle vegetali del pecorino; il
tannino è schietto, ma non sovrasta la morbidezza della zucca, mentre il denso
perlage “raspa” via la pastosità della soya.
10 commenti:
Mi sembrano proprio delle belle lasagne, complimenti
Non utilizziamo molto la soia nella nostra cucina, ma non per questo non la proveremmo!
davvero particolare questa lasagna vegana: un tocco originale che sicuramente non lascia perdere nulla al gusto!
un bacione
ottima alternativa e ti assicuro a che a quest'ora la farei fuori subito!
Ciao Serena, non ho mai assaggiato lo spezzatino di soya, comunque sia, questa lasagna ha un aspetto molto invitante e immagino sia anche gustosissima!!!
Bacioni, buona serata...
Cara Serena che bello ciondolarsi in casa e fare quello che ci pare senza correre sempre e wowwwww la zucca finalmente posso farne scorpacciate e con la lasagna mi stuzzica da morire cosi come questo libro troppo forte...devo prenderlo assolutamente!! Bacioniiiiiii ,
Imma
Uno dei regali più belli dell'autunno è la zucca che mi piace cucinare in tutti i modi; ho tra le ricette da provare delle lasagne con la zucca, senza soya, però perchè proprio non mi piace....
Mi piacerebbe invece una giornata senza orari (però niente pigiama....meglio la tuta per me)
Claudette
che invidia per il sabato che hai trascorso..i miei week-end invece sono sempre pieno di lavoro...un lavoro frenetico che ti sfinisce!
queste lasagne sono a dir poco da giù di testa...se ti fa piacere ti invito a partecipare al mio contest!
a presto
Adoro la soja ma mai avrei pensato a farcene una lasagna....bue buona deve essere con la zucca....Sere che belle queste foto...la sedia e la finestra...e poi il cestino stanno con zucche e melograni...ieri sera son rimasta cosi.....qualche minuto a guardarmelo...son normale??? Spero di si....Ehi, Ehi...troppo carino....
Scusa...volevo scrivere...cestino shabby con.....
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