Quello di domenica
passata è stato un pomeriggio molto particolare: abbiamo parcheggiato la
macchina al limitare della ZTL e ci siamo incamminati sul Lungarno, verso il
centro storico, per raggiungere il mercatino di beneficienza di File, la Fondazione
Italiana di Leniterapia, che ogni anno, sotto Natale riunisce gli artigiani più
prestigiosi di Firenze nella sontuosa cornice di Palazzo Corsini, per raccogliere
fondi per sostenere le proprie attività.
Purtroppo, anche
se si sarebbe trattato di un acquisto a fin di bene, non c’era niente che
potessi permettermi o che, a quei prezzi, valesse la pena di comprare, ma gli oggetti,
in sé, erano davvero belli: monili e accessori che ricordavano lo stile autentico
di quella Firenze fiera del proprio retaggio mediceo e rinascimentale, quella
Firenze presuntuosa, che ci teneva ad affermare la propria superiorità nel modo
di vestire e di arredare la casa, prima che anche il nostro campanilismo cadesse
vittima della globalizzazione.
Vagabondare per
quella zona nobile della mia città mi procura sempre questa sensazione di
nostalgia di epoche mai vissute o vissute di straforo, quando ero davvero molto
piccola, di ritorno alle origini, ai tempi in cui per le strade giravano ancora
i fiaccherai e i negozi storici erano ancora aperti, quando l’accento più
diffuso era il sanfredianino e il quartiere dove abitavi definiva la persona
che eri.
Non che fosse
una bella cosa, ma c’era qualche sicurezza in più.
Uscendo dalla
fiera, mi sono divertita ad attardarmi tra le botteghe lussuose dei dintorni,
tra cappellini con la veletta, vesti da camera di velluto amaranto e bicchierini
da liquore che sembravano paralumi (e viceversa), facendo impazzire più di una
commessa e mettendo in grave imbarazzo la mia dolce metà, che, accompagnandomi
raramente a fare shopping, non ha la minima idea di che razza di arie da gran
dama mi dia nei negozi griffati, toccando e provando tutto, fingendo di voler
comprare le cose più costose e poi defilandomi con una scusa.
Siamo tornati verso
la macchina a buio pesto e siamo arrivati a casa con un principio di
congelamento in corso: una zuppa calda e nutriente era quello che ci voleva ed
ho subito pensato alla Marmitte Dieppoise, una padellata di mare tipica di
Dieppe, realizzata con il pescato del giorno e molte verdure, cotte nel vino
bianco o nel sidro.
Anche se prevede
diversi ingredienti, non è molto complicata da prepararsi, soprattutto se, come
me, compri il pesce già pulito. Oltre alle vongole e al pangasio, che avevo in
casa, ho aggiunto un vasetto di tonno, per un tocco di colore, e niente ti
vieta di fare altrettanto, a patto che si tratti di tonno veramente buono e in
filetti compatti, non in fiocchi, altrimenti la tua marmitte si trasformerà in
una purea.
Visto che mi ero
finalmente procurata anche il dashi, che da tanto volevo assaggiare, ho deciso
di inserirlo per insaporire il brodo, anche se la ricetta è francese e il dashi
dovrebbe servire per le preparazioni orientali, ma io non sono brava con la cucina
giapponese, il che non toglie che ne possa gustare qualche pennellata di tanto
in tanto, in preparazioni più classiche.
Visto che
eravamo molto affamati e avevamo preso un gran freddo, per servire ho
utilizzato i piatti di pane Pappami,
di cui ti avevo già parlato qui
e ti confermo che reggono benissimo anche alle preparazioni un po’ brodose.
Mentre cucinavo,
ho stappato una bottiglia di Riesling,
che per fortuna avevo messo in frigo dalla mattina: avevo conosciuto la cantina
Aquila del Torre nel corso della
manifestazione Wine in Progress di novembre, avevo parlato a lungo con il
titolare e mi ero perdutamente innamorata della mineralità pronunciata dei loro
cru.
La linea “AT” è
più didattica ed immediata e comprende, tra gli altri, anche questo ottimo Riesling,
elevato esclusivamente in acciaio, per gustarne le caratteristiche varietali
più pure, e, a differenza della versione renana, decisamente secco. Del resto,
il riesling è un uvaggio semiaromatico e non abbisogna di troppe moine per
divenire intenso all’olfatto, a cui parla di erba fresca, e al palato, che
investe con la sua pronunciata sapidità.
In dosi misurate
può essere un gradevole aperitivo, ma ti conviene limitarti a un assaggio e
riservarlo per la zuppa.
Ingredienti:
- 1 kg di vongole
- 2 porri
- un rametto di rosmarino
- un vasetto di funghi sott’olio (Il Grigliato Valentina Funghi)
- due filetti di pangasio
- due vasetti di tonno sott’olio (Balena)
- 50 gr di burro
- 500 ml di vino bianco (io ho usato un Catarratto d’Alcamo Quattrocieli)
- 500 ml di acqua
- una bustina di dashi (Ramen)
- 4 piatti di pane (Pappami)
- qualche cucchiaiata di panna acida
Procedimento:
Monda bene le
vongole, scaldale a fiamma viva in una padella, affinché si aprano e mettile da
parte.
Affetta
finemente i porri, anche la parte verde e spiuma il rosmarino.
Scola i funghi
dell’olio di conservazione e sciacquali, per togliere il sapore di aceto in
eccesso.
Taglia il pangasio
e il tonno sgocciolato a listarelle.
Soffriggi le
rondelle di porro nel burro, per una decina di minuti, finché non saranno
tenerissime, insieme al rosmarino (si spanderà un profumo delizioso) quindi aggiungi i funghi e falli insaporire brevemente.
Versa il
vino bianco e fallo ridurre a una consistenza molto densa. Unisci
il pangasio, il tonno, l’acqua, il dashi e fai sobbollire ancora 5 minuti.
Nel frattempo,
sguscia le vongole e aggiungi nella marmitte. Cuoci ancora un minuto e servi nei
piatti commestibili con qualche ricciolo di panna acida o créme fraiche o
yogurt, se lo preferisci.
4 commenti:
Ciao Serena, particolare questa padellata di pesce, deve essere gustosissima, complimenti bella ricetta!!!
Buon pomeriggio...
Mi ha fatto troppo ridere pensarti aggirarti per negozi super chiccosi a far dannare le commesse per poi andartene senza comprare niente ^_^
Alla faccia della zuppa veloce per riscaldarsi dopo la giornata in giro per Firenze, io avrei fatto pasta e fagioli, tu invece ti sei data alla cucina francese.
Io non tento nemmeno di fare la gran dama con le commesse, una delle categorie che più mi mettono in soggezione. Verrò a lezione da te...
Claudette
E' sempre un piacere leggerti...Firenze soggetta a globalizzazione proprio non la immagino...quanto meno le persone e il vostro modo fiero di una lingua italiana che sapete portare alla massima espressione...che buona questa zuppa...vi sarete rinfrancati non poco al rientro!!!
Posta un commento