27 feb 2015

Torta Barozzi




In genere per il mio compleanno ho sempre proposto torte magnificenti, farcite e sormontate di crema, oppure cheese cake dalla consistenza languida e scioglievole.
Beh, quest’anno  va diversamente: la Torta Barozzi, storico dolce di Vignola, non ha certo un aspetto sontuoso e del resto, non sono nemmeno sicura che la mia ricetta abbia qualcosa a che fare con quella originale, conservata gelosamente dalla Pasticceria Gollini. Di sicuro il geist di prugnole è una mia aggiunta, per sopperire alla mancanza di mandorle amare, proprio in virtù dell’intenso aroma del distillato, che, paradossalmente, pur essendo realizzato a partire da questi piccoli frutti selvatici, profuma inequivocabilmente di confetti e calissons.


Quanto al fruttosio, sono sincera, non l’ho utilizzato per ragioni salutiste (quando mai?), ma semplicemente perché era l’unico dolcificante bianco che avessi in casa e non ero molto sicura di desiderare una torta resa granulosa dallo zucchero scuro.
Sicuramente i modenesi mi lapideranno per queste blasfemie, ma i miei amici hanno apprezzato così tanto che per le foto ho dovuto prepararne un’altra, visto che una metà è sparita dopo cena e il resto è finito in tanti piccoli contenitori da asporto per addolcire qualche risveglio, all’indomani.



Ingredienti




Procedimento:
Tosta le mandorle, riducile in farina e mettile da parte.
Lavora a crema il burro con lo zucchero, fondi il cioccolato a bagnomaria e incorporalo al composto. Amalgama il resto degli ingredienti e versa l’impasto in una tortiera da 26 cm di diametro (sarebbe meglio uno stampo rettangolare da 20 per 30, ma il mio era occupato da altre preparazioni), rivestito di alluminio leggermente sporcato d’olio.
Inforna a 160° per circa 30 minuti.
Controlla spesso, perché la Torta Barozzi ideale rimane morbida, quasi umida, al centro (ma non quanto i coulants) e sulla superficie deve formarsi una crosticina leggera, un po’ crepata.

Il mio primo esperimento non è pienamente riuscito, nel senso che l’interno è rimasto effettivamente “fondente”, ma della crosticina non c’era traccia, comunque era buonissima.





Non sono usa consumare alcolici con il dessert e, quando studiavo per il diploma di sommelier, la parte più ostica per me è stata comprendere non tanto i principi dell’abbinamento tra vini e cibi zuccherati, ma perché mai un dolce dovesse essere accompagnato da qualcosa di diverso dal caffè.

Alcuni accostamenti, però, funzionano, soprattutto se sorretti dall’autorevolezza della tradizione e della territorialità: il Lambrusco dolce, con la Torta Barozzi, è un obbligo sociale. La mia scelta cade, nuovamente, su un’etichetta Medici Ermete, il Bocciolo Grasparossa, fermentato naturalmente, fino a raggiungere un’alcolicità molto contenuta e preservando, quindi, un alto grado zuccherino, che lo rende assai gradevole sui dessert ai frutti di bosco, ma anche, appunto, sul cioccolato, visto che la nota acida è presente, ma non prevalente e che, su tutto, svettano gli intensi profumi di lamponi e violetta, che si replicano in bocca, creando una felice sinfonia con il cacao. 

25 feb 2015

Terrina di Zucca al Kren con Scamorza Affumicata




La zucca al kren con scamorza affumicata è una di quelle ricette for dummies che ti salvano la vita, perché funziona che sbatti tutto nel mixer, lo azioni per un po’, trasferisci in una pirofila, accendi il forno ed ecco pronta la cena.
Naturalmente puoi variare verdure, formaggio e aromi e farla diventare una tua ricetta, ma rivendico l’assoluta originalità dell’accostamento zucca/kren, una di quelle cose nate per caso come la tartetatin e i chocolate chip cookies, sbagliando vasetto.
D’accordo, a questa non ci crede nessuno.



Se ti serve una presentazione un po’ più garbata, che faccia effetto “questo è solo l’antipasto, vedrai il resto…” e non “avevo fretta” al posto di una teglia unica utilizza delle cocottes monoporzione e servile con un Sauvignon Natale Verga delle Venezie, area particolarmente favorevole alla vigoria di questo vitigno, sia nelle zone collinari, che danno origine a un prodotto intensamente aromatico, sia nei territori argillosi delle pianure, dove si ottiene un vino più equilibrato ed elegante. Il sapore è fresco, la nota sapida è più composta di quella degli equivalenti friulani o altoatesini e questo lo rende molto più versatile negli abbinamenti e gradevole anche come semplice aperitivo.



Ingredienti:
  • 500 gr di zucca mondata
  • 200 gr di scamorza affumicata (Caseificio Pugliese)
  • ½ cipolla
  • un uovo
  • una presa di semi di finocchio
  • un cucchiaino colmo di kren Zuccato
  • una presa di sale
  • una presa di pepe lungo
  • una manciata di semi di sesamo


Procedimento:
Dadola la zucca e passala per 10 minuti al microonde alla massima potenza.
Nel frattempo, grattugia metà della scamorza e riduci il resto in fette di circa ½ cm di spessore.
Inserisci il kren e tutti gli ingredienti, tranne la metà della scamorza (quella in fette) e i semi di sesamo, nel mixer e riduci in purea.
Versa la metà del composto in una teglia leggermente sporcata d’olio e disponi sopra parte della scamorza, copri con il resto della zucca e completa con il formaggio rimanente e una spolverata di semi di zucca.

Inforna a 180° per circa mezz’ora e lascia assestare per una decina di minuti prima di porzionarlo.



Et voilà, tutti a tavola per gustare la zucca al kren con scamorza affumicata. Buon appetito! 

23 feb 2015

Funghi in Città



Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d’altre terre.
Un giorno, sulla striscia d’aiola d’un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram.
Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza.
Così un mattino, aspettando il tram che lo portava alla ditta Sbav dov’era uomo di fatica, notò qualcosa d’insolito presso la fermata, nella striscia di terra sterile e incrostata che segue l’alberatura del viale: in certi punti, al ceppo degli alberi, sembrava si gonfiassero bernoccoli che qua e là s’aprivano e lasciavano affiorare tondeggianti corpi sotterranei.
Si chinò a legarsi le scarpe e guardò meglio: erano funghi, veri funghi, che stavano spuntando proprio nel cuore della città! A Marcovaldo parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse tutt’a un tratto generoso di ricchezze nascoste, e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga oraria del salario contrattuale, la contingenza, gli assegni familiari e il caropane.
Al lavoro fu distratto più del solito; pensava che mentre lui era lì a scaricare pacchi e casse, nel buio della terra i funghi silenziosi, lenti, conosciuti solo da lui, maturavano la polpa porosa, assimilavano succhi sotterranei, rompevano la crosta delle zolle. «Basterebbe una notte di pioggia, – si disse, – e già sarebbero da cogliere ». E non vedeva l’ora di mettere a parte della scoperta sua moglie e i sei figlioli.
Ecco quel che vi dico! – annunciò durante il magro desinare. – Entro la settimana mangeremo funghi! Una bella frittura! V’assicuro!
E ai bambini più piccoli, che non sapevano cosa i funghi fossero, spiegò con trasporto la bellezza delle loro molte specie, la delicatezza del loro sapore, e come si doveva cucinarli; e trascinò così nella discussione anche sua moglie Domitilla, che s’era mostrata fino a quel momento piuttosto incredula e distratta.
E dove sono questi funghi? – domandarono i bambini. – Dicci dove crescono!
A quella domanda l’entusiasmo di Marcovaldo fu frenato da un ragionamento sospettoso: «Ecco che io gli spiego il posto, loro vanno a cercarli con una delle solite bande di monelli, si sparge la voce nel quartiere, e i funghi finiscono nelle casseruole altrui !» Così, quella scoperta che subito gli aveva riempito il cuore d’amore universale, ora gli metteva la smania del possesso, lo circondava di timore geloso e diffidente.
Il posto dei funghi lo so io e io solo, – disse ai figli, – e guai a voi se vi lasciate sfuggire una parola.

Il mattino dopo, Marcovaldo, avvicinandosi alla fermata del tram, era pieno d’apprensione. Si chinò sull’aiola e con sollievo vide i funghi un po’ cresciuti ma non molto, ancora nascosti quasi del tutto dalla terra.


Era così chinato, quando s’accorse d’aver qualcuno alle spalle. S’alza di scatto e cerca di darsi un’aria indifferente. C’era uno spazzino che lo stava guardando, appoggiato alla sua scopa.
Questo spazzino, nella cui giurisdizione si trovavano i funghi, era un giovane occhialuto e spilungone. Si chiamava Amadigi, e a Marcovaldo era antipatico da tempo, forse per via di quegli occhiali che scrutavano l’asfalto delle strade in cerca di ogni traccia naturale da cancellare a colpi di scopa.
Era sabato; e Marcovaldo passò la mezza giornata libera girando con aria distratta nei pressi dell’aiola, tenendo d’occhio di lontano lo spazzino e i funghi, e facendo il conto di quanto tempo ci voleva a farli crescere.
La notte piovve: come i contadini dopo mesi di siccità si svegliano e balzano di gioia al rumore delle prime gocce, così Marcovaldo, unico in tutta la città, si levò a sedere nel letto, chiamò i familiari. « È la pioggia, è la pioggia », e respirò l’odore di polvere bagnata e muffa fresca che veniva di fuori.
All’alba – era domenica –, coi bambini, con un cesto preso in prestito, corse subito all’aiola. I funghi c’erano, ritti sui loro gambi, coi cappucci alti sulla terra ancora zuppa d’acqua. – Evviva ! –e si buttarono a raccoglierli.
Babbo ! guarda quel signore lì quanti ne ha presi ! – disse Michelino, e il padre alzando il capo vide in piedi accanto a loro, Amadigi anche lui con un cesto pieno di funghi sotto il braccio
Ah, li raccogliete anche voi ? – fece lo spazzino. – Allora sono buoni da mangiare ? Io ne ho presi un po’ ma non sapevo se fidarmi… Più in lì nel corso ce n’è nati di più grossi ancora… Bene, adesso che lo so, avverto i miei parenti che sono là a discutere se conviene raccoglierli o lasciarli… – e s’allontanò di gran passo.
Marcovaldo restò senza parola: funghi ancora più grossi, di cui lui non s’era accorto, un raccolto mai sperato, che gli veniva portato via così, di sotto il naso. Restò un momento quasi impietrito dall’ira, dalla rabbia, poi – come talora avviene – il tracollo di quelle passioni individuali si trasforma in uno slancio generoso. A quell’ora, molta gente stava aspettando il tram, con l’ombrello appeso al braccio, perché il tempo restava umido e incerto. – Ehi, voialtri ! Volete farvi un fritto di funghi questa sera ? – grida Marcovaldo alla gente assiepata alla fermata. – Sono cresciuti i funghi qui nel corso! Venite con me! Ce n’è per tutti! – e si mise alle calcagna di Amadigi, seguito da un codazzo di persone.
Trovarono ancora funghi per tutti e, in mancanza di cesti, li misero negli ombrelli aperti. Qualcuno disse: – Sarebbe bello fare un pranzo tutti insieme! – Invece ognuno prese i suoi funghi e andò a casa propria.
Ma si rividero presto, anzi la stessa sera, nella medesima corsia dell’ospedale, dopo la lavatura gastrica che li aveva tutti salvati dall’avvelenamento: non grave, perché la quantità di funghi mangiati da ciascuno era assai poca.

Marcovaldo e Amadigi avevano i letti vicini e si guardavano in cagnesco.
(Italo Calvino – “Marcovaldo ovvero Le stagioni in città”)


Ingredienti

  
Procedimento:
Copri i funghi secchi con acqua bollente e lasciali rinvenire finché sono teneri.
Scolali, conservando l’acqua dell’ammollo, tagliali a pezzetti, sciacquali ancora un po’ per eliminare eventuali residui di terriccio e falli saltare per un paio di minuti con un cucchiaio di burro e un filo d’olio. Versa, l’acqua di ammollo dei funghi filtrata attraverso un colalatte a maglia sottile rivestito con una garza e porta a ebollizione. Lascia sobbollire fino a quando il fondo non sarà cremoso, quindi cospargilo di erbe di Provenza.
A parte, frulla il formaggio, aggiungi la panna liquida a filo e continua a frullare per emulsionare perfettamente.
Lessa la pasta secondo le istruzioni sulla confezione e, mentre cuoce, scalda quest’ultimo composto molto dolcemente, senza portarlo a ebollizione, altrimenti il formaggio si ammappa.

Scola la pasta, versa un velo di fonduta sul fondo di sei fondine, disponivi  le vele e sormontale con abbondante sugo di funghi.


Porcini, tartufo, formaggio fresco di buona pastosità, come non pensare al Pinot Nero? A fine maggio andrò in Borgogna, dove sono certa che questo capriccioso vitigno finirà per conquistarmi del tutto. Del resto, anche in Italia, nell’area dell’Oltrepò Pavese, il Pinot Noir trova espressioni felici, oltre che nella produzione spumantistica, anche in varietale.
Quacquarini ne propone una versione particolarmente ricca e profumata, grazie al generoso contributo della barrique, che trasforma i sentori primari di frutta in quelli più seducenti della composta, attribuendogli una speziatura profonda e rinvigorendo il caratteristico fondo animale dei grandi Pinot Noir.

In bocca è asciutto e composto, con un finale gradevole e un po’ misterioso di legno e sottobosco.

20 feb 2015

Pere Speziate al Forno in Cocottes fondenti "à manger"



D’accordo, ho un problema con le fondute, il formaggio al forno, il formaggio alla piastra, la raclette. Diciamo che vivrei di formaggio fuso.
Sere fa ho preparato un’omelette con 3 uova, ho messo 50 gr di formaggio grattugiato nella pastella, 50 gr di formaggio affettato sopra, poi l’ho piegata su sé stessa e ho gratinato la superficie con altri 50 gr di formaggio grattugiato. Una delizia. Ho rischiato l’indigestione, sono stata male tutta la notte, ma non sono per niente pentita di quello che ho fatto.
Queste cocottes commestibili sono un filino più digeribili e, con un’insalata e qualche crostino per raccogliere il ripieno filante, sono un piatto unico di grande consolazione.

Ultimamente parlo spesso di comfort e consolazione, me ne rendo conto, la verità è che mi sto viziando e sto imparando a imparare a volermi bene, a esistere per me stessa e a premiarmi per come mi vedo e non per il riflesso che scorgo negli occhi spesso impietosi degli altri.


Il mio autoregalo preferito di questo periodo? Una bollicina di quelle solide, possenti pur sempre nella loro raffinatezza, il Berlucchi Vintage siamo in Franciacorta e, sorprendentemente, troviamo una percentuale molto alta, rispetto alla tradizione di quest’area,  di Pinot Noir, ideale per la cremosità pastosa del formaggio, affiancato, ovviamente, da una quantità di Chardonnay, come il Pinot Noir parzialmente barriccato, sufficiente a sostenere le spezie. Questa particolare etichetta si caratterizza per un lungo periodo di riposo sui lieviti, acquisendo una complessità che lo porta ai livelli dei grandi Champagnes. Il sentore acidulo (quello che io chiamo volgarmente “di yogurt”), tipico degli spumanti giovani, si evolve nel profumo di crosta di pane e in quelli più suadenti di albicocca disidratata. In bocca è brioso, fresco, con una buona mineralità, non lo relegherei a un aperitivo, penso abbia la stoffa per accompagnare anche qualcosa di più complesso, tipo un intero pasto… o un momento di sconforto.


Ingredienti:

Procedimento:
Salta gli anacardi in padella e pestali alla buona al mortaio. Una volta ridotti in frammenti grossolani, ripassali sul gas, per tostarli anche all’interno.
Monda e dadola la pera e lasciala marinare con tutte le spezie, il sale e il distillato per circa un’ora.
Nel frattempo, incidi le tre forme di Camoscio d’Oro e scavale delicatamente per ricavarne delle “ciotoline”, eliminando circa una metà dell’interno (lascia cioè un fondo un po’ alto e un bordo di circa 0.5 cm). Ovviamente conserva il formaggio in eccesso, per altre preparazioni.
Riempi le cavità con le pere speziate e passa in forno a 180° per circa 20 minuti.




18 feb 2015

Cotolette Veggie con Piccoli Purée di Cavolfiore Colorato al Parmigiano



Siamo tutti d’accordo che questa ricetta è inutilmente complicata, perché prevede un procedimento pedestre, ma da ripetere quattro volte, sporcando un numero imprecisato di vaschette, pentole e contenitori.
Siamo tutti d’accordo che sarebbe molto più semplice utilizzare quattro latte di cannellini e un cavolfiore bianco e frullare tutto insieme col mixer a immersione.

Ma siamo anche tutti d’accordo che contornare delle sfiziose cotolette di verdure con quattro verrines contenenti altrettante creme di colori diversi sia molto più trendy che spatasciarci accanto una cucchiaiata di puré grigio topo, quindi, se hai un esubero di pazienza e capsule per lavastoviglie, vai libera.


E considerati fortunata che non ho variato anche sui formaggi, perché, pensandoci bene, il parmigiano è bianco e sta su tutto, ma esistono anche il mimolette, che è giallo, il gorgo, che butta al verde, il pecorino affinato nelle vinacce, che prende il viola… 


Ingredienti:


Procedimento:
La sera prima metti i mung in ammollo.
All’indomani, lessali con una piccola presa di sale. Cuoci anche le cicerchie.
Passa separatamente al mixer i cannellini, le cicerchie, i mung e i fagioli rossi, in quest’ordine, dal legume più chiaro al più scuro, in maniera da ottenere 4 puree di colori distinti.
Seguendo lo stesso ordine, frulla i quattro cavolfiori, riducendoli in granella, tipo cous cous: prima le cimette bianche, poi le gialle, quelle verdi e infine le viola. Disponile in quattro vaschette, coprile con la pellicola e passale al microonde per 10 minuti.
Mescola il cavolfiore bianco con la purea di borlotti, quello verde con la purea di mungo, quello giallo con le cicerchie e quello viola con i fagioli rossi e suddividile in altrettante casseruole.
Grattugia il parmigiano.
Distribuisci il latte nelle casseruole, mettile sul gas e porta lentamente a ebollizione. Fai addensare a crema, quindi, fuori dal fuoco, aggiungi a ciascuna 50 gr di parmigiano e mescola per incorporare.
Servi caldissimo, con le cotolette preparate secondo le istruzioni sulla confezione.


Se nel corso della preparazione ti saltano i nervi, vai di Pinot Grigio delle Venezie,  Cantina Vinicola Natale Verga, perfetto come aperitivo, per il profumo fruttato e assolutamente gradevole, ma anche sulle verdure a tendenza dolce, soprattutto se questa nota è intensificata dalla presenza del formaggio. La freschezza e la leggera sapidità stemperano questa venatura grassa, come quella untuosa della panatura delle cotolette, con un risultato finale equilibrato e molto armonioso.


16 feb 2015

Spatzle con Crema di Burro e Tronchetto Piemontese con Erbe Profumate


La parte sul riposo del burro per mezza giornata è una finezza che ho elaborato per non farla sembrare una ricetta for dummies, in realtà si può cucinare anche all’ultimo momento, non succede niente, nel primo caso sarà solo un po’ più profumata.
Ogni tanto (raramente, per la verità), mi ricordo di preparare in anticipo dei panetti di burro aromatizzati, li trovo molto comodi per aperitivi estemporanei o condimenti dell’ultimo minuto, ma anche perché, quando non mi vede nessuno, mangio pane imburrato a scopo consolatorio come la gente normale mangia biscotti o patatine. Mi fa sentire molto francese.

In ogni caso gli spatzle conditi così, anche se a vedersi sembrano un pasticcio, sono buonissimi, una vera coccola


Semmai ricordati di tirare fuori dal frigo il vino un po’ prima, quello sì, perché il Muller Thurgau si beve fresco, non ghiacciato, lo preferisco sui 10°, per cogliere al meglio le sue sfumature vegetali e attenuare il fondo ammandorlato.
L’annata 2013 è stata per l’Alto Adige particolarmente felice, la zona di Termeno ha beneficiato delle auspicabili moderate piogge primaverili e di un’estate calda, ma segnata dalle escursioni termiche tra notte e giorno, caratteristiche di quest’area.
Tramin propone un Muller Thurgau che trae grande eleganza dai terreni calcarei su cui i vigneti vengono coltivati: le note erbacee tipiche del vitigno sono rese più interessanti da una spolverata di spezie amare e si replicano in bocca, esaltate da un’acidità contenuta. Di norma lo si abbina a portate di pesce o ad aperitivi raffinati, ma io non sono un granché raffinata e poi mi piace suggerirti qualcosa di un filino sopra le righe, altrimenti a che serve? 




Ingredienti:


Procedimento:
Lavora il burro ammorbidito con gli aromi, il sale e il pepe, forma un piccolo cilindro, rinvolgilo nella pellicola e riponilo in frigo per almeno mezza giornata, in maniera che le erbe abbiano il tempo di rilasciare i loro profumi nel panetto.
Frulla finemente al mixer il formaggio, per ridurlo in crema (la particolare crosta fiorita manterrà una grana leggermente più ruvida) e incorpora il burro.
Lessa gli spatzle secondo le istruzioni sulla confezione, scolali con una ramina e tieni da parte un po’ d’acqua di cottura. Uniscila al composto di burro e formaggio e frulla ancora per amalgamare.
Ributta gli spatzle nella pentola di cottura (ovviamente svuotata del resto dell’acqua) ancora calda, aggiungi il condimento e mescola rapidamente.

Servi con un’ulteriore spolverata di erbe profumate.




11 feb 2015

Fonduta di doppio Gorgonzola


Poche cose creano maggiore intimità quanto una fonduta da presentare nella sua tradizionale cocottes, posta al centro del tavolo e dalla quale pescare convivialmente. Se si è in sufficiente confidenza con gli altri commensali, credo sia una delle soluzioni più pratiche e apprezzate per sostituire il tradizionale secondo piatto o, dopo un antipasto molto ricco, addirittura da servire come piatto unico.
La ricetta base prevede l’uso di emmenthaler, gruyère e un bicchierino di kirsch, ma sinceramente non credo ci siano limiti alla fantasia, come non ve ne sono per gli stuzzichini con cui accompagnarla.
Di solito metto particolare cura nella scelta del vino, perché su questo aspetto i formaggi non perdonano: possono trionfare rendendo del tutto inutile qualsiasi sforzo tu abbia profuso in cantina, interagire in forma molto infelice, creando retrogusti sgradevoli o offendersi e scomparire del tutto.
Sugli erborinati mi piacciono i muffati di pregio, ma anche i rossi morbidoni e di gran corpo. Per un insolito gemellaggio nord-sud puoi provarli con un Primitivo del Salento, per me Verga, un vitigno che porta con sé tutto il fascino della terra generosa da cui proviene, “Primitivo”, che sta a indicare una maturazione precoce, ma anche, per me, l’antichità di questo vitigno, radicato nella cultura dalmata di due millenni fa.

Frutta matura, quasi decadente, così gonfia di succhi che la polpa si spacca sotto i morsi del sole meridionale e lascia uscire una colata di confettura di susine, questa è l’idea che dà all’olfatto e che si ritrova in bocca, dove si allarga come un nettare denso, dai tannini ruffiani, con un retrogusto di persistenza gradevole e non invadente… personalmente ne sono innamorata e innamorarsi, si sa, rimette in pace col mondo.


Ingredienti:

  • 2 bicchieri di vino bianco
  • 200 gr di gorgonzola dolce (Bontazola – Mauri)
  • 150 gr di gorgonzola piccante (Bontazola  - Mauri)
  • 4 cucchiai di maizena
  • 2 cucchiai di grappa invecchiata (Ambra La Morbida Roner)

Per servire:
  • dadini di pane fresco e tostato
  • frutta disidratata
  • frutta fresca a cubotti


Procedimento:
Se disponi di un set da fonduta che può andare direttamente sul fornello, versa il vino bianco nella cocotte e portalo a ebollizione. Fuori dal fuoco, aggiungi i formaggi spezzettati e mescola per farli sciogliere completamente. Stempera la maizena nel liquore e versala nel composto. Scaldalo, quindi trasferiscilo sullo scaldavivande acceso, copri la cocotte, porta in tavola e lascia gonfiare per 5 minuti.
Degustalo, immergendo il pane o la frutta nella crema ottenuta servendoti direttamente dalla cocotte, con l’aiuto delle apposite forchettine.
Se invece il tuo kit non è adatto al gas, effettua la preparazione in una pentola normale e trasferisci il tutto nella cocotte da servizio solo al momento di portare in tavola, facendo montare la fonduta sullo scaldavivande.




9 feb 2015

Gratin di Cipolle e Reginette al Vino Rosso



Che strano inverno, questo, quasi più strano della scorsa estate. Faccio fatica a sentire quel desiderio di casa e di intimità che mi coglie normalmente in quei periodi in cui la rigidità del clima fa sembrare il plaid il luogo più desiderabile al mondo.
Ci sono giornate grigie, ma quasi sempre i fine settimana sono illuminati dal sole sciapo di questa stagione, con la sua luce velata, non si sa nemmeno da cosa, visto che di nubi non ce ne sono. Sarà nostalgia?
Cammino tra i canneti del lungo fiume, scopro cespugli fioriti di giallo, gemme cariche di promesse violetto, bacche velenose e tappeti di foglie arrossate. Cammino finché questo sole un po’ inconsistente non proietta la mia ombra sempre più lontano e le mani mi si gelano, perché non sono mica una di quelle signorine io, quelle che si mettono il cappello di lana grazioso, la sciarpona gros grain, i guanti a motivi norvegesi, lo stivaletto con gli scaldamuscoli… io se dopo la passeggiata mi allungo al bar per un caffè mi danno l’elemosina.
Perché quando il sole va sotto un po’ freddo lo fa, allora magari per cena una zuppa filante va bene. Mi piace aggiungere al brodo una tazza di vino rosso, perché lo insaporisce e mi dà l’idea di maggior calore e struttura a un piatto di base un po’ povero. Non è importante utilizzare un vino raffinato, quello conservalo da sorseggiare mentre aspetti che il parmigiano sia gratinato.


Ho scoperto recentemente il Montepulciano d’Abruzzo, grazie alle Cantine Natale Verga, che ne propongono una versione robusta e molto fedele, ma non troppo invadente, anche per chi, come me, in cucina non fa grande uso di intingoli o pietanze sontuose. Del Montepulciano mi piacciono i profumi eterei, segno di maturità e corretta evoluzione, ma anche il gusto asciutto, di giusta acidità e dai tannini risoluti, che, ancora più che con le carni, me lo fanno apprezzare con i formaggi stagionati a pasta dura e con i primi piatti che ne abbondano.


Ingredienti:



Procedimento:
Monda le cipolle e affettale sottilmente in rondelle.
Se utilizzi la pentola a pressione, scalda il burro e l’olio (io preferisco utilizzarli sempre insieme, perché il burro regala ai soffritti un tocco irresistibile, mentre l’olio, alzando il punto di fumo, impedisce che si bruci) con il dado, finché non si sarà formato un fondo bruno.
Aggiungi le cipolle e rosolale dolcemente per circa 10-15 minuti, finché non saranno tenere, quasi disfatte. Spolverale con la farina, versa il vino, l’acqua, unisci la cotenna, sigilla il coperchio e cuoci per 15 minuti dal fischio.
Se invece usi la pentola tradizionale, raddoppia la quantità di liquidi e il tempo di cottura.
Distribuisci in quattro cocottes uno strato di cipolle stufate, uno di reginelle e così via, fino a esaurimento degli ingredienti. Versa sopra il brodo al vino e cospargi con il parmigiano.


Fai gratinare in forno a 180° per circa 15 minuti e servi subito, caldissimo e filante

6 feb 2015

Pumpkin Cheese Cake




Adoro i cheese cake e adoro la zucca.
Nessuna delle due affermazioni è uno scoop, ma, sinceramente, dopo sette anni di blog faccio fatica a trovare qualcosa di nuovo da raccontare. Anche la mia scarsa propensione ad allontanarmi un granché dalla ricetta base del cheese cake (mi limito a variare il topping) e ad utilizzare la zucca per preparazioni dolci è un indizio facilmente ricavabile per deduzione dallo storico.
Quindi, posso ragionevolmente affermare che questo cheese cake, per i miei standard, è innovativo.



La ricetta viene da “Torte d’America”, con alcuni voli pindarici personali rispetto agli ingredienti dell’originale, l’ho preparata di gran fretta per un’amica con cui ho cenato al volo, prima di andare insieme a dare lo scritto dell’esame FISAR (a proposito, per chi non mi seguisse su FB, sono ufficialmente sommelier e ti proibisco di pensare “e ‘sti  …zzi?”) e, contrariamente a quello che si pensa, con questo freddo non richiede i normali lunghissimi tempi di assestamento del cheese cake:  sbattila pure sul davanzale appena sfornata e in un’ora avrà raggiunto la consistenza necessaria per un taglio garbato.



Ingredienti:

Procedimento:
Dadola la zucca e passala per 10 minuti al microonde.
Nel frattempo, polverizza i biscotti al mixer con la metà delle spezie e amalgamali con il burro.
Distribuisci l’impasto sul fondo di una tortiera a cerchio apribile leggermente imburrata del diametro di 26 cm. e riponi in frigo.
Frulla la zucca con il resto degli ingredienti, ad eccezione dello sciroppo d’agave, e versa il composto sulla base di biscotti.
Inforna a 180° per circa 45 minuti, o finché i bordi del cheese cake non saranno rassodati, ma il centro sarà ancora tremolante.

Lascia raffreddare completamente prima di sformare e ricopri con abbondante sciroppo d’agave.


4 feb 2015

Stinco di Maiale al Forno. Tout Simplement.



E va bene, gli ossari non sono bellissimi da vedersi. I veg si raccapricceranno e, tutto sommato, anch’io. Ma come facevo a sapere che quegli stinchi sarebbero venuti così buoni che non potevo non pubblicarli? I tempi sono un po’ lunghi, per rendere la carne tenerissima all’interno e croccante all’esterno. Non avevo mai provato a cuocerli in cartoccio e credo che d’ora in poi farò sempre così.
Eravamo reduci da una giornata sulla neve, neve fortissimamente voluta e cercata, prima in Mugello, poi, non trovandola, dirigendoci verso la Futa, infine scollinando sul versante emiliano. E’stato straordinario come, semplicemente svettando e percorrendo il primo tornante in discesa, il panorama sia cambiato. Quei patetici sbuffi bianchi a bordo strada si sono trasformati in una distesa muta che copriva, pietosa come solo la neve sa essere, gli alberi, i campi e i tetti delle case, raccolte in gruppi sparsi qua e là che formano le frazioni attorno a Castiglion de’Pepoli.

Un fil di fumo dai caminetti, tanti ricordi viscosi di un giorno d’estate lontano sei mesi e mille anni, ombre lunghe, pesi nel petto. I filari di lapidi del Cimitero Militare Germanico, incise di date troppo vicine, 1926-1944, 1921-1944, la seconda sempre uguale, le ruote della macchina che slittano sul ghiaccio, ma sì, basta, facciamo pace col cuore, col passato, torniamo indietro, accendiamo il forno, basso, per tanto tempo, che culli piano gli aghi di rosmarino e le foglie di alloro e profumi la casa di bosco addormentato.


Ingredienti:
  • 4 stinchi di maiale
  • pesteda (VIS)
  • una presa di bacche di ginepro
  • 3-4 foglie di alloro grandi
  • 3-4 rametti di rosmarino

Procedimento:
Cospargi gli stinchi con la pesteda e massaggiali a lungo per farla penetrare a fondo.
Disponi sulla base di una pirofila di acciaio (se vuoi che gli stinchi riescano croccanti è molto importante utilizzare un materiale riflettente) il ginepro, l’alloro e il rosmarino, adagia sopra gli stinchi e avvolgi con un doppio foglio di alluminio. Inforna a 200° per un’ora, quindi elimina l’alluminio e cuoci ancora 45’, girando gli stinchi dopo una ventina di minuti, per farli rosolare da entrambi i lati.



Durante la cottura hai tutto il tempo di impigrirti sul divano con uno di quei vini che richiedono attenzione. Amo molto lo stile della Costa Toscana, sia quello che si ispira con rigore al taglio bordolese, sia quello che utilizza il Sangiovese come propulsore di piccole percentuali francofile, sia, soprattutto, quello dell’area meridionale, in Maremma, che valorizza vitigni internazionali “minori”, come il Petit Verdot, per il quale ho una particolare predilezione.
Nel Marruchettone di Varramista questa piccola, scostante, capricciosa varietà dai tannini affilati e suadenti come le smancerie di un gatto si stemperano nella rotondità ruffiana e fruttata del grenache, per un risultato equilibrato, dal profumo intenso senza essere stucchevole e dal gusto altrettanto armonioso, con un fin di bocca prolungato e gradevole.

2 feb 2015

Cartoccio di Spaghetti alle Olive Nere con Alici Piccanti e Crema di Caciotta



Incredibile a dirsi, ma questi spaghetti al cartoccio li ho preparati poco prima di Natale e li ho serviti in terrazza, sotto un sole da mezze maniche per le signore e torso nudo per gli uomini. Sembra mille anni fa.
Certo, pranzare all’aperto in tenuta estiva, circondati dagli addobbi natalizi, faceva un certo effetto.
Il gatto si rotolava sul pavimento del balcone, riscaldato dalla luce mezzogiorno, e agitava la zampina verso i peperoncini appesi alla pianta, inaspettatamente rimasti verdi per tutta l’estate e improvvisamente maturati a dicembre.
E io, che mi sentivo mille anni luce lontana dal cappone, dal cotechino e dai crostini neri, mangiavo spaghetti che sapevano un po’ di Sicilia e d’estate, innaffiati da un Nero d’Avola, in questo caso della linea Il Poggio dei Vigneti di Natale Verga, il vino che esprime al meglio l’essenza siciliana.
A lungo la Sicilia ha sacrificato la propria produzione all’esportazione sia verso il resto dell’Italia, sia verso l’estero, per fornire vini da taglio, ma fortunatamente, attualmente, almeno una parte di essa è stata valorizzata: il Nero, diffuso in tutta l’isola, anche con il nome di Calabrese, è riconoscibile dall’intenso profumo di prugna quasi compostata, con un’impronta particolarmente fresca, di mosto. Il tannino è presente, ma contenuto e per niente tagliente e questo lo rende estremamente versatile: oltre che sulle solenni preparazioni di carne di borbonica memoria, infatti, proposto a una temperatura appena più fresca, che ne esalti le note varietali più briose, si addice anche a preparazioni povere, di mare o di verdure, specialmente quelle ispirate alla tradizione pantesca, laddove l’aromaticità è presente, ma sottile.



Ingredienti:

Procedimento:
Grattugia la caciotta e mettila da parte.
Scalda dolcemente le alici con i semi di finocchio, finché non si saranno sciolte, formando un fondo denso. Fuori dal fuoco unisci 3 cucchiai di olive.
Lessa gli spaghetti seguendo le istruzioni sula confezione, avendo cura di raccogliere con un mestolino qualche cucchiaiata dell’amido che si formerà in superficie durante la cottura e di trasferirlo nella casseruola con le alici.
Scola la pasta molto al dente e ripassala nel condimento, a fuoco spento. Quando si sarà intiepidita, aggiungi due terzi della caciotta e mescola bene. E’ importante non unire il formaggio a caldo, altrimenti col passaggio in forno tenderà a raggrumarsi.
Fodera  4 cocottes individuali con altrettanti fogli di alluminio e distribuisci all’interno gli spaghetti, creando dei nidi.
Lavora la caciotta rimasta con l’olio sufficiente a formare una crema e versala nella cavità di ciascun “nido”. Distribuisci sopra le ultime olive, completa con un altro giro d’olio e avvolgi l’alluminio a coprire.
Inforna a 180° per circa 20 minuti e lascia che ogni commensale apra il proprio cartoccio