E va bene, questo l’ho mangiato anch'io.
Non che sia mai stata una roccia, ma ultimamente la salute mi sta dando qualche pensiero e, in attesa di trovare un nutrizionista che possa indirizzarmi verso un regime alimentare cruelty free che non mi procuri carenze, sono tornata a mangiare un po’ di pesce.
Devo dire che ciò che più mi è mancato, in questo anno di
vegetarianismo, è stato l’atto in sé di cucinare carne e pesce, non il
mangiarli. Forse si nasconde in me una vena di sadismo, che mi fa provare
piacere nella semplice manipolazione di reperti fine a sé stessa?
Tant’è, questo è il mio primo esperimento col branzino, le
dosi sono abbondanti perché, accompagnato da una jacked potato a persona, era
un piatto unico, in ogni modo, una volta diliscato, la polpa non è moltissima e
il condimento è così leggero e sprigiona un profumo così intenso di spiagge e di sud
che non ci si rende nemmeno conto di mangiare, ci si può illudere
tranquillamente di trovarsi su una barca che si dondola sotto un cielo estivo
cosparso di manciate di stelle e pianeti stranamente allineati.
Ingredienti:
- 4 branzini eviscerati
- un ciuffo di maggiorana
- una manciata di rametti di timo
- 170 gr di olive nere Leccino (Ficacci)
- un grosso mazzo di finocchietto selvatico
- una ventina di pomodorini
- due manciate di mandorle a filetti (Eurocompany)
- olio extravergine d’oliva
- sale
Procedimento:
Allarga delicatamente l’incisione praticata nei branzini per
eviscerarli e introduci all’interno le erbe aromatiche e 4-5 olive intere per
ogni pezzo.
Sul fondo di una teglia grande (o due più piccole, io non ne
avevo una abbastanza capiente) stendi un letto di finocchietto, cospargilo con
i pomodorini, le mandorle e le olive rimanenti.
Irrora con abbondante olio, sala e inforna a 180° per circa
1 ora. Trascorso questo tempo, adagia i branzini sul letto di finocchietto e
cuoci per altri 20-25 minuti.