Appena ti siedi con una
tazza di caffè caldo, il tuo capo ti chiederà di fare qualcosa che durerà fino
a quando il caffè diventa freddo.
(Anonimo)
A questo ho pensato quando Manuel Caffè mi ha proposto di scrivere un pezzo sui rituali e le abitudini legate alla pausa caffè nella mia città.
Durante la settimana non dispongo di pause caffè. Dispongo di un enorme thermos, riempito con due moka da 3 messe sul fuoco la mattina appena alzata, che tengo sulla scrivania e del quale verso distrattamente il contenuto nel bicchiere di plastica annesso, più per noia e abitudine, più che per reale piacere, visto che, non appena mi accingo a sorseggiare la mia dose minima oraria, dalla Direzione parte un ringhio o suona il telefono e mi ritrovo a berla fredda o darle un giro di microonde.
Attorno all’ufficio non ci sono bar, a meno che non si voglia considerare bar la sala slot, dove, accanto a quei rumorosi trabiccoli, sono esposte in vetrina poche paste stantie.
Nemmeno attorno a casa mia ci sono bar, solo una pasticceria notturna, che, visti i miei orari del weekend, mi è sicuramente più utile di una caffetteria dove servono le colazioni.
In sostanza, si può ragionevolmente parlare di pausa caffè solo nel fine settimana e solo in casa.
Il mio caffè del mattino è nero, amaro, bollente, distratto da una consultazione rapida dei social, e seguito da una sigaretta.
La vera pausa caffè è quella di metà mattinata, dopo la doccia e qualche faccenda.
Scelgo una miscela più intensa e lascio cadere nel filtro una pioggia di spezie, secondo l’umore: cannella se sono in cerca di conforto, ginger per darmi la giusta carica mentale, cacao in polvere per quella fisica, cardamomo appena pestato al mortaio per indurre lo stato meditativo necessario a dedicarmi alla lettura.
Difficilmente lo accompagno con qualcosa da mangiare, il caffè è un piacere in sé, ma talvolta faccio sciogliere sul fondo un cioccolatino.
Sono sola, nel mio piccolo spazio esterno, tra una siepe di gelsomini e un graticcio che sostiene delle piante di pomodoro, contesa tra i loro profumi e attratta più da quello verde del gambo di pomodoro che non da quello carnale dei fiori; i gatti dei vicini compiono vanitosi défilés sui muretti, con aria a turno sorniona o indaffarata, il mio si avventura sul tetto e piange perché non sa scendere; guardo le case basse attorno, coperte di vecchie tegole e circondate da giardini modesti, ma ben tenuti, il cielo finalmente sconfinato e non ridotto a un quadrato incorniciato da tristi palazzine e penso che sì, ho preso la decisione giusta: pepe garofanato appena pestato e noce moscata grattugiata di fresco erano l’ingrediente mancante, prima di immergermi in una nuova avventura libresca e nelle vite di nuovi eroi di carta stampata, con un piede ben piantato sul cotto per ricordarmi che oltre alle storie da leggere c’è anche quella della mia vita da scrivere e in quella la Ragazza di Fuoco sono io.
6 commenti:
Per me il caffè è vitale, dalla macchinetta appena mi alzo a quelli che seguono in compagnia delle persone che incontro per lavoro e non....ma i tuoi caffè aromatizzati devono essere profumatissimi!!!
Personalmente non sono una caffeinomane dipendente, anzi quando sono a casa non lo prendo praticamente mai. Invece lo prendo sempre quando vado in ufficio, forse più per il suo rituale di socializzazione con gli amici che per necessità vera. Però adoro quello all'anice
Il caffè per un napoletano fa parte del DNA penso che nasciamo con la voglia di caffè e io anche se cerco di non esagerare, senz ai m iei 3-4 caffè al giorno non saprei stare!!Un bacione,Imma
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