
Con questa ricetta partecipo alla
raccolta "Le ricette del cuore"
ideata da questa pulzella qui.
Quando mia mamma convolò a nozze, tra i regali ricevette l'enciclopedia della sposa e madre esemplare, una specie di breviario in sedici volumi che si proponeva di creare (o replicare) una generazione di Donne Letizie: casalinghe accurate, mogli devote, perfette padrone di casa, cuoche, ricamatrici, insomma, tutto andava bene, purché non coltivassero ambizioni professionali o personali.
"Casa e Cucina" trattava di gestione dell'economia domestica, di salute e di hobbies femminili. Dedicava molte pagine a un lezioso galateo d'antan e suggeriva soluzioni funzionali per l'arredamento dell'antibagno e della stanza del telefono, che tutti sappiamo essere spazi essenziali all'interno di una casa moderna.

Ma soprattutto "Casa e Cucina" era un ricettario. Un immenso ricettario, organizzato in menu il cui solo antipasto apportava le calorie giornalmente necessarie a un uomo adulto che svolge un lavoro manuale, e che invece, l'enciclopedia faceva seguire da un primo asciutto, un secondo di carne, un secondo di pesce, un contorno e il dessert.
Le foto erano finte, troppo illuminate, i colori saturi e le inquadrature di maniera.

Eppure, con tutti i suoi limiti da monumento alla fallocrazia, è a partire da queste pagine lucide e pesanti che la mia fantasia culinaria ha messo le ali: nell'età in cui le altre bambine si lanciavano incantesimi al grido di "pimpurupampuruparimpampù" (ok, un tempo eravamo meno precoci e queste cose succedevano in seconda media...), io me ne stavo appollaiata sulle pompose sedie del salotto, ovviamente scelto e acquistato tramite l'enciclopedia, e mangiavo le ricette con gli occhi, leggendo avidamente i passaggi e tentando di metterli in collegamento con il risultato finale che appariva in foto, Solo mentalmente, ovvio, perché a me il Dolce Forno Harbert non l'avevano regalato e l'unica cosa che mi era concesso di preparare erano le pesche al vino e una brutta torta al miele che avevo trovato sul Manuale di Nonna Papera.
E'da "Casa e Cucina" che mia mamma apprese la ricetta dello strudel di mele.
Lo strudel di mia madre è leggendario: niente a che vedere con quelle sfoglie ripiene di purea di mele preparate in economia che si vendono in pasticceria, ahimé, anche nelle pasticcerie tirolesi, lo strudel di mia madre è ricco, costoso, per farlo serve molta pazienza e per mangiarlo buoni denti.

Quando i miei invitavano amici a cena, qualunque fosse il menu, gli invitati chiedevano a mia madre di preparare lo strudel e quando erano a cena da amici, la padrona di casa la incaricava di pensare al dessert, specificando che lo strudel sarebbe stato preferibile.
Qui va precisato che mia mamma è biologa, insegnava, ama il campeggio, i cani di grossa taglia, si interessa di antroposofia e pratica Chi Kong, ma è una cuoca eccellente e non sa fare solo lo strudel.
E queste richieste così limitative finirono per innervosirla... "Apfel strudel, apfel strudel, come se non sapessi fare altro..." la sentii mugugnare un pomeriggio, mentre impastava la sfoglia.
Ma era troppo educata per dirlo apertamente o per preparare qualcos'altro.
Credo che, per una donna che è nata durante la guerra, che è cresciuta negli anni '50 e che ha messo la laurea in un cassetto per occuparsi di una figlia ingrata, quel giorno, usare le pere al posto delle mele e poi sottolinearlo sia stato un gesto di sedizione apprezzabile.

Ingredienti:
- 300 gr di farina
- 2 uova
- 100 gr ca. di burro
- latte q.b.
- 4 pere
- 100 gr di uvetta sultanina
- la scorza di un limone (io non avevo limoni biologici, quindi ho usato l'essenza in gocce)
- 50 gr di pinoli (io ho messo le noci)
- 50 gr di mandorle
- 100 gr di zucchero
- 1 cucchiaino di cannella
- 1 bicchierino di liquore
Procedimento
Si impastano la farina, le uova e 70 gr di burro morbido fino ad ottenere un composto abbastanza malleabile e lo si mette a riposo per un'oretta circa al fresco (ma non in frigo).
Intanto si ammolla l'uvetta, si sbucciano le pere, si tagliano a cubotti e si mettono a cuocere tutti gli ingredienti finché il liquido non si è ristretto. Si lascia raffreddare e intanto si stende l'impasto con un mattarello su un panno. Si distribuisce il ripieno abbastanza uniformemente, ma non troppo vicino ai bordi e, con l'aiuto del panno, si arrotola la sfoglia su sé stessa. Si sigillano bene tutte le estremità e si trasferisce il rotolo su una teglia foderata di carta speciale.
Lo strudel si cuoce in forno già scaldato a 200°, per 30-35 minuti circa.
Quando è freddo, si spolvera di zucchero a velo.

Questa, almeno, era la storia che intendevo raccontarvi quando ho comprato gli ingredienti per lo strudel di pere.
E invece poi sono successe alcune cose, che questo non è il luogo adatto per raccontare, che faranno sì che lo strudel mi rimanga, appunto, nel cuore non solo come il cavallo di battaglia della mia mamma, ma come simbolo dell'inizio di un nuovo modo di affrontare la vita. O almeno del mio proponimento in questo senso.
E, allora, vi prego, fatemi un piacere: stasera, quando tornate a casa, lasciate perdere la polvere, la cesta della biancheria da stirare e i pesti per terra; andate subito a dare un bacio ai vostri bambini, accarezzate il vostro gatto, abbracciate vostro marito. Non li sgridate perché non hanno fatto i compiti, perché hanno sparpagliato la lettiera a giro per casa o perché si sono dimenticati di comprare il pane. Abbracciateli e basta, regalategli un sorriso, un complimento, cucinate con loro e per loro, prendeteli in braccio e ditegli quanto sono importanti per voi.
Perché a volte certe cose scivolano tra le dita, altre volte ci vengono strappate dalle mani e improvvisamente per quello che ci si riprometteva di fare "non appena avessimo avuto tempo" diventa troppo tardi.