31 ott 2008

Crema di lenticchie con mele e kummel



Ve l'avevo detto che, dopo il successo dell'esperimento salmone + frutti rossi, mi sarei data ai mélanges senza criterio. Ormai sono incontenibile, una specie di Erinni vendicativa che vaga dal banco dell'ortofrutta a quello dei formaggi, passando per la pescheria, per finire nel reparto frutta secca.

La zuppa di lenticchie in programma per la cena di ieri sera, così com'era suggerita nella ricetta, non era accettabile... lenticchie lessate, frullate con la loro acqua di cottura e passate in un soffritto di cipolla... di noia muoio già in ufficio...

E allora una crema di legumi come si reinventa?

Innanzitutto con le spezie e qui è intervenuta la Preci, che mi ha suggerito il cumino, che è diventato kummel in corso d'opera, perché via via che andavo avanti con la fantasia mi sono venute in mente le mele e secondo me il carvi era la morte loro. E poi ci voleva qualcosa che stemperasse il dolce della frutta, quel vago sapore metallico delle lenticchie... Ah, ma certo la pancetta...

ed ecco quello che, in fatto di zuppe, ritengo il mio assoluto capolavoro.









Ingredienti:
  • 2 confezioni di lenticchie precotte
  • 1/2 cipolla
  • 1 mela
  • 1 cucchiaino di semi di kummel (carvi)
  • 3 fette di pancetta
  • olio evo
  • sale
  • pepe
  • pane integrale tostato per accompagnare

Procedimento:

Frullare le lenticchie con il loro liquido di conservazione. Se siete brave bambine dovreste comprare quelle secche e lessarle con tutti i crismi (carote, alloro, cipolle e non so cos'altro), ma io con i legumi secchi non ho confidenza, anche se mi piacerebbe molto farci amicizia, un giorno o l'altro.

Soffriggere in poco olio la cipolla tagliata a velo e la mela, con tutta la buccia, a fette finissime e farle stufare lentamente, aggiungendo poco a poco circa una tazza d'acqua. Quando tutto il liquido si sarà consumato aggiungete la pancetta a dadini e lasciatela cuocere finché non diventa trasparente.

Versate a questo punto la purea di lenticchie, salate, pepate e fate ribollire.

Mescolate bene, altrimenti pancetta e mele si concentreranno sul fondo e servite con crostini integrali.





NB: e se, dopo questa, vi dicessi che il mio pranzo di oggi è un panino integrale con maionese e cachi sott'olio e la nostra cena ravioli di tartufo e fontina con sugo di funghi e nocciole? Mi fate rinchiudere?

30 ott 2008



Perché "Ikea Style"? No, non ho assaggiato questo cake al bar dell'Ikea, non l'ho comprato alla Bottega Svedese appena passate le casse e nemmeno l'ho mangiato dopo aver montato lo scaffale Sten.

Epperò gli ingredienti fanno molto brunch scandinavo e sicuramente li ho visti, singolarmente, in vendita alla suddetta Bottega Svedese.

Sulla Bottega Svedese vorrei spendere due parole e tre gridolini di giubilo: ma quanto è bella?

A me l' arredamento dell'Ikea non piace, però ci vado ugualmente, per le stoviglie nere, per quelle quadrate, gli addobbi natalizi e la Bottega Svedese (straordinario, ho scritto sei righe e ho ripetuto 4 volte l'espressione Bottega Svedese, devo trovare un sinonimo... Spaccio Vichingo vi piace?)


Entrare nello Spaccio Vichingo è come addentrarsi in un sogno: allo Spaccio Vichingo sembra Natale anche a Luglio, i muffin alla cannella, il preparato per vin brulé e il the alle spezie troneggiano nelle ceste in tutte le stagioni e la vodka alla vaniglia ti tenta anche alle 10.00 di mattina, non fosse per quel malvagio cartellino del prezzo, che segnala una cifra ben oltre l'accettabile. E poi nel banco frigo è pieno di salmone di ogni qualità, aromatizzato con tutte le possibili erbe aromatiche e di formaggi pasticciati con marinature varie, dal freezer occhieggiano immagini ammiccanti, che ti fanno venire voglia di convertirti ai piatti pronti e sugli scaffali sono allineati i preparati per sfornare panini con i semini e dolci ai frutti di bosco.


A proposito di frutti di bosco, sono abbastanza convinta di aver acquistato lì i cranberries (alias mirtilli rossi, introvabili da noi) disidratati, che hanno trovato la loro degna sepoltura in questo cake.
A quanto pare i cranberries, oltre a d essere l'ingrediente base per marmellate e kaiserschmarren, sono il complemento ideale per la cacciagione, ma mai mi sarei aspettata di trovare una preparazione che li abbinasse al pesce.
E, in effetti, mi sono accostata a questa ricetta con una certa titubanza, convinta che con il pesce si sposassero gli agrumi o, al massimo l'ananas. Ma poi mi sono ricordata dei gamberetti in salsa di cocco mangiati a Zanzibar e di questa insalata qui e mi sono detta "Ma sì, si vive una volta sola, ci pensi se quando muoio, oltre al rimpianto per tutti i libri che non avrò letto, i musei che non avrò visitato, le labbra che non avrò baciato, le ricette che non avrò sperimentato, i sentieri che non avrò percorso, gli animali che non avrò accarezzato, dovessi anche pentirmi di non aver assaggiato il salmone con i cranberries?"
E'altamente probabile che questo accada.





E cake al salmone con cranberries è stato.


Alla ricetta base del cake rustico ho aggiunto un ciuffo di erba cipollina, 100 gr di salmone affumicato e due cucchiai di cranberries.
E devo dire che questo insolito accostamento mi ha sorpreso piacevolmente, non nel senso che pensavo peggio, ma nel senso che mi è piaciuto proprio tanto, così tanto che mi sono già messa a macinare possibili matrimoni d'amore o d'interesse e convivenze forzate di pesce, carne e verdure con la frutta.



29 ott 2008

Totani gratinati


Gli anelli di totano facevano parte delle scorte ittiche acquistate con i ticket restaurant del topo babbo e, francamente, non sapevo proprio come prepararli: li ho sempre mangiati pastellati e fritti, ma, forse ve ne sarete accorti, le fritture non sono il mio forte e, a dirla tutta, nemmeno la mia passione. Ogni volta che mi accingo a friggere rimpiango lo spreco di olio, sia pure di semi, e vengo colta da attacchi di panico popolati di antropomorfizzazioni del colesterolo e della colite, finché il mio compagno non prende in mano la situazione e il mestolo forato e comincia a raccogliere grumi informi di pastella, che racchiuderanno pure funghi profumati di bosco, fiori di zucca vivacemente colorati e cipolle croccanti, ma, diciamocela tutta, il rovescio della medaglia del detto che "fritta è buona anche una ciabatta" è che, se fritta, non distingueresti una ciabatta da una zucchina.

Insomma, io questi anelli non li volevo friggere, ma per farli in insalata fa troppo freddo.
Vagabondando su tutti i possibili siti che google mi suggeriva partendo dalla chiave di ricerca "anelli di totano", mi sono imbattuta in questa ricetta e mi è parso facesse proprio al caso mio.



Ovviamente ho apportato alcune modifiche, sia nelle dosi, dato che quelle consigliate per due persone sono piuttosto scarse, sia negli ingredienti, perchè il tutto mi pareva troppo "di casa nostra" e, se non aggiungo il tocco provenzale dell'erba cipollina o uno sbuffo mauriziano di ginger, non mi sembra di cucinare.
Ne risulta un piatto saporito e molto "coccoloso", anche se quando si pensa al comfort food i totani non sono proprio la prima cosa che viene in mente, ma il contrasto tra la superficie croccante di pangrattato e l'interno morbido e umido del pesce marinato nelle erbette, mi ha decisamente rinfrancato, dopo un sabato che, causa enuresi notturna del gatto sopra il mio letto, proprio riposante non è stato.




Ingredienti:
  • 1 Kg. di anelli di totani
  • 5 cucchiai di pangrattato
  • 2 cucchiaini di ginger
  • 10 foglie di basilico (facoltative)
  • 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • 1 ciuffo di erba cipollina
  • qualche rametto di timo
  • mezza cipolla
  • sale
  • pepe

Procedimento

Mettete gli anelli di totano a marinare con l'olio, il sale, il pepe e le erbe sminuzzate per almeno un paio d'ore.

Trasferiteli quindi in una pirofila, con tutta la marinata. Copriteli con pangrattato mescolato al ginger (secondo me con quest'ultimo si può anche osare e metterne un cucchiaio) e infornare a 180°-200° (dipende dal forno) per una ventina di minuti.



28 ott 2008

Volevo invitarvi

... a fare una passeggiata con me...















Mini cakes ai frutti di bosco



Ecco un'altro contributo di partecipazione alla raccolta salutista di Manu.




... con un dessert????
Ebbene sì, con un dessert.
I miei ricettari di muffin e cakes includono, infatti, delle sezioni dedicate alle preparazioni alleggerite, dolcetti in cui la dose di zucchero può essere ridotta grazie alla presenza della frutta e il burro è parzialmente sostituito da yogurt scremato, che rimpiazza anche il latte (al che mi sorge spontanea una domanda: ma lo yogurt è meno calorico del latte? O è semplicemente più sano e digeribile?) .




Non amo molto queste ricette: spesso, forse a causa della qualità non eccelsa della frutta in vendita al supermercato, risultano aspre o insapori, e la scarsità di burro le rende asciutte.

Stavolta, però, disponevo di frutti di bosco di mia produzione, anzi, di mia raccolta: more di rovo del Chianti, lamponi del Cimone, mirtilli della Calvanella e sulla dolcezza di quelli metto la mano sul fuoco.




In effetti ne sono risultati dei mini cakes niente male, soprattutto il giorno dopo la cottura, quando il succo della frutta aveva avuto il tempo di "impregnare" il resto dell'impasto.

Personalmente, li ho trovati adorabili spalmati di burro di malga, ma, ovviamente, in questo caso, l'intento light con cui dovrebbero essere preparati, va a decadere.




Ingredienti:
  • 100 gr di farina
  • 100 gr di farina integrale
  • 125 gr di zucchero di canna
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci
  • 125 ml di yogurt (io ho usato il latte)
  • 80 gr di margarina light fusa
  • 3 uova
  • 300 gr di frutti di bosco misti (ho usato 100 gr di lamponi, 100 gr di mirtilli e 100 gr di more)

Procedimento:

Amalgamate gli ingredienti in polvere e quelli liquidi in due ciotole separate, poi uniteli e date una mescolate sommaria. Aggiungete i frutti di bosco e fate qualche altro giro di mestolo, ma senza rendere l'impasto troppo omogeneo.
Questo procedimento è importante soprattutto se usate gli stampi individuali (da muffin o da minicake), per non far asciugare troppo il composto in cottura; per uno stampo grande è meno essenziale, ma permette comunque di ottenere un cake più morbido.
Infornare a freddo, calcolando 50 minuti dal raggiungimento della temperatura di 180° (10-12 minuti se usate gli stampi individuali).










27 ott 2008

Crema di carote





Con questa ricetta partecipo alla raccolta di ricette light di Manu.










Devo dire che la richiesta di contributo arrivatami da questa simpaticissima blogger per un'iniziativa sulle ricette salvalinea mi ha mandato non poco in confusione: sottopeso da tutta la vita, accompagnata con un uomo magrissimo, entrambi amanti della buona tavola e degli spignattamenti, il pensiero di una dieta non ci ha mai attraversato il cervello nemmeno fugacemente.


Ma, d'altronde, un rapido check della mia alimentazione mi ha suggerito la chiave del paradosso: amo cucinare, sperimentare, creare e avere la dispensa e il frigo pieno mi rassicura, ma una volta incanalata la mia creatività nell'atto della preparazione, il cibo mi attrae con moderazione. Inoltre, la mia passione per le spezie mi permette di limitare i grassi in cottura e l'avversione per la routine mi dà la spinta per variare i menu: sapete che la ripetitività è una delle principali cause del sovrappeso? Innanzitutto l'organismo, una volta abituato a un certo tipo di alimento, smette di considerare estranee alcune scorie e cessa di eliminarle, in secondo luogo c'è una sorta di "assuefazione psicologica", per cui, inconsciamente annoiati da un sapore, si cerca di compensare la ripetitività con l'abbondanza e si finisce per servirsi due volte, anche se sazi.









E dopo questa piccola lezione, che spero non sia stata noiosa (se non lo è stata, tutti i dettagli li trovate sul libro della Galliano, citato nella bibliografia del blog), passo alla ricetta.


Il problema delle ricette light è che, oltre ad essere povere di grassi, devono essere complete, apportare la quantità giusta di nutrienti e di liquidi, e sfamare: inutile bearsi della propria prodezza, mangiando un piatto di radicchio e svenire dopo due ore.



E poi non devono deprimere.




Questa crema di carote, invece, è quanto di più corroborante e consolatorio riesco a immaginare.


E' gustosa, calda, morbida e mangiandola non sembra affatto di essere a dieta.



La cottura in pap permette, oltre che di dimezzare i tempi, di conservare al meglio tutti i principi nutritivi della verdura.






Ingredienti:


  • 350 gr di carote

  • 200 gr di patate

  • 1 cipolla

  • 75 ml di latte scremato

  • 500 ml di brodo vegetale

  • 2 cucchiai di parmigiano

  • rosmarino per la decorazione


Procedimento:


Sbucciate le patate e la cipolla e tagliatele a dadini. Pulite le carote e affettatele. Mettete tutto nella pap e coprite con il latte e il brodo, chiudete il coperchio e cuocete per 30 minuti dal fischio, con la fiamma al minimo. Fate sfiatare il vapore e frullate il tutto con il minipimmer (se riuscite a usarlo direttamente in pentola, io ho trasferito la verdura, senza il brodo, nel robot, l' ho tritata e l'ho rimessa nel brodo). Aggiungete il parmigiano e fate ribollire fino a farne una crema morbida.


Fate le porzioni (ne vengono circa 3 abbondanti) e decorate con un rametto di rosmarino in fiore, che non serve a niente, ma fa allegria e quando si è dieta c'è bisogno anche di quello.












24 ott 2008

Linguine alle vongole, nocciole e olive verdi


Questa ricetta è in realtà una scusa per invitarvi a fare un giro sul blog di questa ragazza qui.


E per spendere due parole sull'autrice: Grazia è per prima cosa, un'eccellente cuoca e, soprattutto, una grande artista.

In pochi mesi di applicazione, Grazia si è messa in grado di scattare foto bellissime ai classici intramontabili della tradizione siciliana e alle ricette di famiglia, che riproduce fedelmente, con quella santa pazienza che io non avrò mai; alle offerte generose dei mercati locali, che visita con occhio attento, per raccogliere, prima di tutto con gli occhi, i doni della sua terra, e alle bellezze che costellano i dintorni catanesi, di cui ci regala istantanee vivide. Le foto di Grazia, come le ho detto una volta, fanno venire voglia di tuffarcisi dentro, di farsi strada tra mele traslucide di zucchero e verdure luccicanti di olio evo, di riempirsi le mani dei colori abbaglianti, delle forme tornite e dei profumi provocanti che escono dalle sue mani fatate e ficcarseli in bocca con voracità bulimica.



E, dote, forse, maggiore, Grazia è una di quelle rare persone che sa scrivere. Grazia padroneggia le parole, ci gioca, le piega alle sue esigenze, evoca, invoca, commuove. Leggetevelo il suo blog, non limitatevi a copiare le ricette.



Ma, cosa molto più importante, Grazia è una gran donna e una grande amica.
La comunanza di ideali, la condivisione di una delusione e l'attaccamento (familiare il mio, letterario il suo) per uno scrittore famoso hanno vinto la circospezione iniziale con cui ci eravamo osservate e ci hanno avvicinate, permettendo ad entrambe di scoprire un'affinità elettiva tanto rara (soprattutto in rete) quanto irrinunciabile.
E, allora, Grazia, ti aspetto presto a Firenze, sulla chaise longue, nel disordine del mio terrazzo, con i gatti e i cricetini, come hai detto una volta tu "tutti in braccio", con una teglia della parmigiana che mi hai promesso e che io non so fare, per un tempo indefinito di chiacchiere.
Magari con un libro in mano.
Magari il tuo.


Per la ricetta di questa leccornia vi rimando a quella originale di Grazia, ripresa, a sua volta, da quella di un'altra brillante cyber-chef, Jolie: inutile menzionare le modifiche con cui ho cercato di venire incontro alle mie intolleranze e alla fragilità gastrica del mio compagno, la ricetta era perfetta così.






22 ott 2008

Terrina di camembert

... con crumble di crostini integrali alla lavanda e noci



















Il profumo del pane alla lavanda




Questo pane nasce in libreria.


Purtroppo non in una di quelle librerie rétro, con le pareti coperte da scaffali che arrivano al soffitto, su cui sono ammassati libri polverosi rilegati in brossura, gestita da un anziano signore dai modi gentili, che i libri li conosce davvero, come la Maggie di C'è post@ per te o il signor Khan de "Il libraio di Kabul".


Questo pane nasce, molto prosaicamente nel limitato reparto libri di un ipermercato, tra volumi in edizione economica, incellophanati e etichettati con la dicitura -20%, gli instant book di giornalisti famosi e le autobiografie dei personaggi del GF. Tra i titoli ad effetto che lampeggiavano, uno in particolare ha colpito la mia attenzione: "Il Profumo del pane alla lavanda" di Sarah Addison Allen. Una rapida scorsa al risvolto della copertina mi ha dato l'idea che si trattasse dell'ennesima storia di donne ferite che ritrovano il sorriso aprendo un'attività che ha a che fare col cibo e ultimamente ne ho lette troppe, anche se su questo tema ricorrente nella letteratura femminile contemporanea dovrei forse riflettere e non solo qui.









Ma l'espressione "pane alla lavanda" continuava a frullarmi in testa, evocando in me immense distese azzurre, bordure profumate intorno alle quali ronzano incessanti le api, sacchettini ricamati e appesi in corone a decorare l'ingresso dei negozi di tovaglie stampate a colori vivaci, bagliori provenzali, insomma.



Mi serviva comunque del pane integrale per una chicca con cui vi sorprenderò (almeno spero) più tardi e in fondo la lavanda non era così inadatta, dato che anche per quella era previsto un viaggio mentale oltralpe ed è così nato il mio personale, profumatissimo pane alla lavanda.







Ingredienti:

  • 300 ml di acqua
  • 25 gr di margarina
  • 270 gr di farina 0
  • 270 gr di farina integrale
  • 2 cucchiaini di zucchero
  • 2 cucchiaini di sale
  • 1 bustina di lievito di birra secco

Ho messo tutto nella macchina del pane, programma integrale, crosta scura. Al beep ho aggiunto nel cestello una manciata abbondante di foglie di lavanda essiccate.








21 ott 2008

Marmellata di cachi


Quando ero bambina avevamo una casa in campagna. E tutto intorno il frutteto: due filari di viti, che ci regalavano una buona uva da tavola e un vinello aspro e irriverente; degli olivi; una pineta che dava lavoro a noi bambini, che, armati di cestino, avevamo l'ingrato compito di raccogliere i pinoli; e meli, peri, susini, ciliegi, albicocchi, alberi di cachi. C'erano delle siepi di ribes sotto le quali mi addormentavo, cespugli di fragole e, poco lontano, immensi roveti su cui a fine Agosto spiccavano le bacche violacee delle more, che non erano nostre, ma, in Toscana, si sa, l'albero dove pende rende.
E questa frutta serviva per torte, marmellate, sciroppi, conserve, liquori, che ammassavamo nella cantina della casa di Firenze e prelevavamo e offrivamo con generosità.
Quando ero bambina, non avevo idea di quanto costosa fosse la frutta e di quanto bassa fosse la qualità di quella venduta al supermercato: per me la frutta cresceva sugli alberi e bastava allungare la mano, possibilmente più velocemente dei merli, a cui mia nonna urlava "sciò", come Karen Blixen ai masai, in una memorabile scena di "La mia Africa". Le marmellate crescevano in dispensa e i succhi di frutta in frigo.
Quando compii 8 anni mia madre mi preparò una torta rosa, ricoprendola di crema di burro e zucchero colorata con succo di ribes raccolto durante l'estate (il ribes, non il succo).


Da sempre, quindi, nella mia testa, anche se non è più possibile procurarsi tutta la frutta di cui abbiamo bisogno direttamente dall'albero, almeno la marmellata e le conserve si fanno con quello che si raccoglie e non con prodotti acquistati.
Questo, ovviamente, limita notevolmente la scelta ai pochi alberi e cespugli rimasti a disposizione ora che la casa in campagna non c'è più: frutti di bosco, fichi e... quest'anno anche cachi!
Una mia adorabile collega, che spesso mi rifornisce di prodotti dell'orto (proprio ieri sera ho fatto le 23.00 a pulire prezzemolo in quantità da riempire una busta della spesa), mi ha regalato 2 chili di cachi, che da noi si chiamano diosperi... e cosa si fa con i cachi, se non la marmellata?
Ecco quindi pronta, in un tempo anche relativamente breve, una fila di graziosi vasetti pieni di nettare, forse un po' acidulo, forse un filo allappante, per alcuni... ma l'avete mai provata col burro di malga???





Ingredienti:
  • 2 Kg di cachi
  • 500 gr di zucchero
  • 1 stecca di vaniglia
  • 1 limone
  • 1 bicchierino di liquore

Procedimento:

Private i cachi della polpa (per facilitare l'operazione vi consiglio di tagliarli a metà e svuotarli con un cucchiaino) e frullarla. Metterla in un pentolone con il succo di limone, i semini raschiati dalla stecca di vaniglia e la stecca stessa e fate bollire per 5 minuti. Aggiungete lo zucchero e cuocete mescolando, finché la marmellata non raggiunge la consistenza giusta.

Io uso il metodo del piattino, ovvero faccio cadere una goccia di marmellata su un piatto, conto fino a 60 e poi lo inclino: se la goccia rimane ferma, la marmellata è pronta.

Versate il bicchierino di liquore e mescolate velocemente.

A quel punto invasatela in fretta, ancora caldissima (è un'operazione molto sporchevole e spesso provoca ustioni di terzo grado, ma è l'unico modo per essere sicuri di sterilizzare bene i vasetti, senza farli bollire), chiudete i barattoli e capovolgeteli. Appena si intiepidiscono, raddrizzateli.



20 ott 2008

Strudel: reazione e rivoluzione





Con questa ricetta partecipo alla raccolta "Le ricette del cuore"








ideata da questa pulzella qui.



Quando mia mamma convolò a nozze, tra i regali ricevette l'enciclopedia della sposa e madre esemplare, una specie di breviario in sedici volumi che si proponeva di creare (o replicare) una generazione di Donne Letizie: casalinghe accurate, mogli devote, perfette padrone di casa, cuoche, ricamatrici, insomma, tutto andava bene, purché non coltivassero ambizioni professionali o personali.




"Casa e Cucina" trattava di gestione dell'economia domestica, di salute e di hobbies femminili. Dedicava molte pagine a un lezioso galateo d'antan e suggeriva soluzioni funzionali per l'arredamento dell'antibagno e della stanza del telefono, che tutti sappiamo essere spazi essenziali all'interno di una casa moderna.









Ma soprattutto "Casa e Cucina" era un ricettario. Un immenso ricettario, organizzato in menu il cui solo antipasto apportava le calorie giornalmente necessarie a un uomo adulto che svolge un lavoro manuale, e che invece, l'enciclopedia faceva seguire da un primo asciutto, un secondo di carne, un secondo di pesce, un contorno e il dessert.



Le foto erano finte, troppo illuminate, i colori saturi e le inquadrature di maniera.






Eppure, con tutti i suoi limiti da monumento alla fallocrazia, è a partire da queste pagine lucide e pesanti che la mia fantasia culinaria ha messo le ali: nell'età in cui le altre bambine si lanciavano incantesimi al grido di "pimpurupampuruparimpampù" (ok, un tempo eravamo meno precoci e queste cose succedevano in seconda media...), io me ne stavo appollaiata sulle pompose sedie del salotto, ovviamente scelto e acquistato tramite l'enciclopedia, e mangiavo le ricette con gli occhi, leggendo avidamente i passaggi e tentando di metterli in collegamento con il risultato finale che appariva in foto, Solo mentalmente, ovvio, perché a me il Dolce Forno Harbert non l'avevano regalato e l'unica cosa che mi era concesso di preparare erano le pesche al vino e una brutta torta al miele che avevo trovato sul Manuale di Nonna Papera.



E'da "Casa e Cucina" che mia mamma apprese la ricetta dello strudel di mele.



Lo strudel di mia madre è leggendario: niente a che vedere con quelle sfoglie ripiene di purea di mele preparate in economia che si vendono in pasticceria, ahimé, anche nelle pasticcerie tirolesi, lo strudel di mia madre è ricco, costoso, per farlo serve molta pazienza e per mangiarlo buoni denti.







Quando i miei invitavano amici a cena, qualunque fosse il menu, gli invitati chiedevano a mia madre di preparare lo strudel e quando erano a cena da amici, la padrona di casa la incaricava di pensare al dessert, specificando che lo strudel sarebbe stato preferibile.



Qui va precisato che mia mamma è biologa, insegnava, ama il campeggio, i cani di grossa taglia, si interessa di antroposofia e pratica Chi Kong, ma è una cuoca eccellente e non sa fare solo lo strudel.



E queste richieste così limitative finirono per innervosirla... "Apfel strudel, apfel strudel, come se non sapessi fare altro..." la sentii mugugnare un pomeriggio, mentre impastava la sfoglia.



Ma era troppo educata per dirlo apertamente o per preparare qualcos'altro.



Credo che, per una donna che è nata durante la guerra, che è cresciuta negli anni '50 e che ha messo la laurea in un cassetto per occuparsi di una figlia ingrata, quel giorno, usare le pere al posto delle mele e poi sottolinearlo sia stato un gesto di sedizione apprezzabile.






Ingredienti:

  • 300 gr di farina
  • 2 uova
  • 100 gr ca. di burro
  • latte q.b.
  • 4 pere
  • 100 gr di uvetta sultanina
  • la scorza di un limone (io non avevo limoni biologici, quindi ho usato l'essenza in gocce)
  • 50 gr di pinoli (io ho messo le noci)
  • 50 gr di mandorle
  • 100 gr di zucchero
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 1 bicchierino di liquore

Procedimento


Si impastano la farina, le uova e 70 gr di burro morbido fino ad ottenere un composto abbastanza malleabile e lo si mette a riposo per un'oretta circa al fresco (ma non in frigo).

Intanto si ammolla l'uvetta, si sbucciano le pere, si tagliano a cubotti e si mettono a cuocere tutti gli ingredienti finché il liquido non si è ristretto. Si lascia raffreddare e intanto si stende l'impasto con un mattarello su un panno. Si distribuisce il ripieno abbastanza uniformemente, ma non troppo vicino ai bordi e, con l'aiuto del panno, si arrotola la sfoglia su sé stessa. Si sigillano bene tutte le estremità e si trasferisce il rotolo su una teglia foderata di carta speciale.

Lo strudel si cuoce in forno già scaldato a 200°, per 30-35 minuti circa.

Quando è freddo, si spolvera di zucchero a velo.




Questa, almeno, era la storia che intendevo raccontarvi quando ho comprato gli ingredienti per lo strudel di pere.



E invece poi sono successe alcune cose, che questo non è il luogo adatto per raccontare, che faranno sì che lo strudel mi rimanga, appunto, nel cuore non solo come il cavallo di battaglia della mia mamma, ma come simbolo dell'inizio di un nuovo modo di affrontare la vita. O almeno del mio proponimento in questo senso.



E, allora, vi prego, fatemi un piacere: stasera, quando tornate a casa, lasciate perdere la polvere, la cesta della biancheria da stirare e i pesti per terra; andate subito a dare un bacio ai vostri bambini, accarezzate il vostro gatto, abbracciate vostro marito. Non li sgridate perché non hanno fatto i compiti, perché hanno sparpagliato la lettiera a giro per casa o perché si sono dimenticati di comprare il pane. Abbracciateli e basta, regalategli un sorriso, un complimento, cucinate con loro e per loro, prendeteli in braccio e ditegli quanto sono importanti per voi.




Perché a volte certe cose scivolano tra le dita, altre volte ci vengono strappate dalle mani e improvvisamente per quello che ci si riprometteva di fare "non appena avessimo avuto tempo" diventa troppo tardi.